giovedì 27 luglio 2017

Le dinamiche motivazionali per il successo scolastico di Salvatore Sasso

La motivazione è la principale fonte che produce interesse e partecipazione. La maggior parte degli studenti, infatti, percepisce la scuola come un peso ed una costrizione per immagazzinare una serie di informazioni senza comprenderne l'utilità per la propria vita.
La motivazione, negli insegnanti e negli studenti, si realizza in un rapporto circolare di interdipendenza emotiva e relazionale, consentendo di fare esperienze ed ampliare i propri orizzonti, e allo stesso tempo acquisire abilità che consentano di formulare ipotesi e percorsi.
Dopo la percezione dei propri bisogni nasce la necessità di soddisfarli, attraverso l'assimilazione delle nuove esperienze all'interno della propria mappa cognitiva. La motivazione all'interesse e alla partecipazione può essere indotta dall'insegnante in due modi:
1) presentando in modo gradevole le proprie lezioni;
2) cercando di rispondere al bisogno di apprendimento e di autorealizzazione di ogni alunno che concretizza la sua naturale esigenza di conoscere la realtà attraverso le esperienze.
La risposta dell'insegnante, nel primo caso, è quella di saper trasmettere il sapere, il che è necessario, ma comporta una impostazione didattica unidirezionale in cui gli alunni sono l'oggetto dell'azione, e devono, quindi, essere silenziosi e attenti. L'interesse, in questo caso, è indotto e svaluta la conoscenza in quanto non se ne percepisce l'utilità in relazione alle proprie esigenze. L'aspettativa che ne deriva è il voto, la lode. Se non si ottiene, gli alunni si sentono in balìa delle materie in cui non riescono, degli insegnanti “antipatici” e, poiché, avvertono di non poter esercitare un controllo su queste variabili, provano sofferenza per i risultati poco soddisfacenti, impotenza, rassegnazione.
Nel secondo caso, la scuola diventa il luogo dove si presenta l'opportunità di imparare e crescere insieme, l'insegnante non impone un sapere precostituito, ma utilizza la sua preparazione specifica per comunicarne il valore e l'importanza attraverso le esperienze degli alunni, che si sentono spinti a chiarirle, esprimendole e ampliandole. Le esperienze, e le conoscenze diventano così un'opportunità per acquisire competenze. In questo caso, l'insegnante diventa una risorsa, una guida, un sostegno per la loro realizzazione, ma soltanto attraverso la conoscenza delle problematiche interne dell'alunno, utilizzando la capacità di mettersi in ascolto e di comunicare in modo efficace.
Nel contesto scolastico, diverse dinamiche motivazionali interagiscono per determinare il successo o l’insuccesso degli studenti. Alcune fanno leva su fattori esterni, quando lo studente si impegna in un’attività per ottenere ricompense, vantaggi e riconoscimenti, per evitare conseguenze sgradevoli, per conformarsi a modelli di comportamento consoni all'ambiente in cui si trova; altre, invece, si basano sull'esistenza di bisogni fisiologici, di sicurezza, di appartenenza, di stima e di autorealizzazione di cui parlava Maslow nella sua Teoria dei bisogni. Rispetto alle altre teorie psicologiche, quella di Maslow si basa sull’osservazione di individui sani e cerca di trovare i metodi preventivi per non entrare nella malattia mentale ma anzi per permettere alle persone di raggiungere il pieno sviluppo delle proprie potenzialità sfruttando al massimo capacità e talenti. Egli considera la natura umana fondamentalmente "buona" e ritiene che il "male" emerge nei momenti di frustrazione dell’uomo, nei momenti in cui non sia riuscito a soddisfare i suoi bisogni. Tale concezione ha profonde implicazioni pedagogiche e porta a rivedere il tipo di "metodo educativo" utilizzato nell’educazione dei bambini. Secondo lo psicologo americano, un ambiente favorevole è il requisito fondamentale affinché un bambino possa sviluppare tutte le sue potenzialità, ambiente inteso soprattutto come contesto in cui si sviluppano relazioni positive con gli altri e affinché vengano soddisfatti i bisogni di appartenenza e d’affetto. Dal punto di vista dello sviluppo infantile, si possono individuare diversi tipi di bisogni, dedotti da un’attenta osservazione del comportamento dei bambini. La soddisfazione di tali bisogni costituisce la motivazione ad agire di tutte le persone, quindi richiede energie sia fisiche che psicologiche.

Distinguiamo:
Bisogni fisiologici: fame, sete, sonno, potersi coprire e ripararsi dal freddo sono i bisogni fondamentali connessi con la sopravvivenza;
Bisogni di sicurezza: devono garantire all'individuo protezione e tranquillità. L’ambiente dovrebbe presentare una certa stabilità in modo da permettere al bambino di riconoscerne gli elementi e di trovare una collocazione rispetto ad essi. In questo modo si sentirà sicuro perché inserito in un ambiente stabile.
Bisogno di appartenenza: consiste nella necessità di sentirsi parte di un gruppo, di essere amato, di amare e di cooperare con altri;
Bisogno di stima: riguarda il bisogno di essere rispettato, apprezzato ed approvato, di sentirti competente e produttivo; ci sono dei presupposti senza i quali l’insegnamento si rivela insensato: fondamentale tra questi fattori è, ad esempio, l’autostima. È importante condurre gli allievi a riflettere su se stessi, sulle proprie qualità e difficoltà al fine di costruire un’immagine positiva di se stessi. La letteratura psicologica ci spiega come questo possa essere di vitale importanza soprattutto in periodi critici dello sviluppo di una persona quali l’adolescenza.
L’autostima, insieme ai bisogni fondamentali di un bambino, risulta, inoltre, essere il motore principale di qualsiasi tipo di apprendimento.
Bisogno di autorealizzazione: inteso come l’esigenza di realizzare la propria identità e di portare a compimento le proprie aspettative, nonché di occupare una posizione soddisfacente nel proprio gruppo.

 

A questi cinque bisogni, se ne deve aggiungere un sesto la cui soddisfazione è un requisito fondamentale per un sano sviluppo, del bambino prima, e del ragazzo poi. Anche se non inserito in nessuna teoria compiuta, esso è unanimemente riconosciuto da tutti coloro che si occupano di psicologia dello sviluppo: il bisogno di autonomia. Più il bambino potrà avvalersi della sua autonomia, tanto più le sue attività contribuiranno allo sviluppo delle azioni e delle relazioni. Queste ultime saranno vissute in modo più significativo se il bambino le sperimenta da solo, agendo in autonomia e responsabilità. Gli atteggiamenti iperprotettivi e possessivi da parte dei genitori provocano reazioni contrastanti nel bambino, soprattutto se gli viene impedita, a causa di convinzioni spesso errate e pregiudiziali, l’attività spontanea.
Secondo White (1959), gli esseri umani hanno un bisogno intrinseco di sentirsi competenti nelle loro interazioni con l'ambiente fisico, sociale e cognitivo, di saperle padroneggiare sempre più, di produrre effetti interessanti e nuovi (motivazione alla competenza, o di padronanza, o di effectance). White, studiando tale motivazione soprattutto nei bambini piccoli, ha sottolineato come essa si manifesti in un'attività di interazione ludica con l'ambiente, di esplorazione e di sperimentazione; tali attività danno a chi le intraprende un senso di efficacia, di padronanza e di soddisfazione intrinseca, privo di ansia o timore di fallire.
Nella prospettiva cognitivista, la motivazione viene descritta come un pattern organizzato di quattro funzioni psicologiche che servono a dirigere, attivare e regolare l'attività di una persona rivolta a raggiungere un obiettivo:
- le concezioni riguardo ai propri obiettivi personali;
- le convinzioni circa la propria capacità di agire per raggiungere tali obiettivi;
- le interpretazioni che si danno del risultato delle proprie azioni rivolte a conseguire l’obiettivo, attribuendolo a una particolare causa;
- il ruolo dei processi emozionali e affettivi connessi con tali funzioni.
Harter (1979, 1981) ha ripreso il costrutto di motivazione di competenza proposto da White, e ne ha riproposto una riformulazione e un approfondimento che tengano conto anche della nuove linee di ricerca ispirate al cognitivismo. Nel suo modello, l’autrice studia il significato emozionale e motivazionale delle valutazioni e delle aspettative che l'individuo costruisce sulle proprie capacità di padroneggiare l'ambiente e i problemi che esso pone. In particolare, Harter ha studiato lo sviluppo della motivazione alla competenza di un bambino in tre aree - cognitiva, sociale, fisica - in rapporto:
- alla difficoltà dei tentativi di padronanza (la massima gratificazione deriva da quei tentativi che presentano un grado ottimale di sfida, cioè di difficoltà per l'individuo);
- ai successi o agli insuccessi che incontra nei suoi tentativi indipendenti di padronanza e soprattutto al sostegno e al rinforzo o meno che ottiene al riguardo dall’ambiente;
- alla relazione tra il sostegno del bambino nei suoi tentativi di autonomia e lo sviluppo di un sistema di autoricompense e di obiettivi indipendenti, per non accentuare il suo bisogno di dipendenza;
- alla percezione di competenza e di controllo che il bambino sviluppa in seguito a tali esperienze positive o negative.
Tali auto-percezioni di competenza fanno aumentare la sua soddisfazione oppure la sua ansia di fronte ai tentativi di padronanza e influiscono sulla sua motivazione alla competenza.
Alcuni risultati di ricerche, compiute sulla base di questo modello con studenti dalla terza classe della scuola primaria alla prima della scuola secondaria di secondo grado dimostrano il nesso fra la percezione di competenza, le reazioni affettive e l’orientamento motivazionale: gli allievi che si percepiscono come più competenti si mostrano più intrinsecamente motivati.
Inoltre, i risultati dimostrano la progressiva diminuzione della motivazione intrinseca e il parallelo aumento di quella estrinseca: a partire dalla terza classe della scuola primaria, gli allievi mostrano un crescente disinteresse per i processi di apprendimento e di comprensione e una decisa attenzione alla valutazione del loro prodotto. Ciò comporta una diminuzione dell’auto-percezione di competenza soprattutto negli allievi meno abili, con conseguenti reazioni affettive negative.
Anche Deci e Ryan (1985, Intrinsic motivation and self-determination in human behavior, New York, Plenum Press) hanno trattato il concetto della motivazione intrinseca e lo hanno sviluppato nella teoria dell’autodeterminazione.
L’essere umano è visto come un organismo attivo che tende a realizzare le proprie capacità e a sviluppare armonicamente i vari aspetti della sua personalità, in un clima relazionale positivo, tuttavia tale tendenza deve interagire con l’ambiente che può ostacolarla o favorirla.
In ogni persona ci sono tre bisogni innati fondamentali:
1) bisogno di competenza (sentirsi efficaci nelle interazioni con l’ambiente e nell’esercitare ed esprimere le proprie capacità);
2) bisogno di autonomia (sentirsi in grado di compiere delle scelte, di impegnarsi in attività che nascono dalla propria volontà e non sono causate o imposte dalla volontà altrui);
3) bisogno di relazioni con gli altri (sentirsi integrati con gli altri, sentirsi appartenenti a un gruppo o una comunità, star bene con gli altri).
Se, quindi, il soggetto vive in un ambiente che promuove la sua autodeterminazione, in quanto gli consente di soddisfare i suoi bisogni fondamentali, mantiene ed accresce la sua motivazione e sviluppa un senso del sé unitario e integrato.
Un'altra dinamica motivazionale è il senso di efficacia (Bandura, 1977), che riguarda le convinzioni di una persona sulla propria capacità di affrontare con successo una prova specifica e di saper organizzare e gestire con successo le azioni richieste per raggiungere un obiettivo. Il senso di efficacia di una persona interagisce con i suoi comportamenti e con l’ambiente: ad esempio, egli è in grado di predire il successo scolastico.
L'attribuzione causale (Weiner 1990), cioè il bisogno di spiegare il proprio e l'altrui comportamento, individuando le cause che stanno alla base degli eventi, delle azioni e dei sentimenti, è alla base dei processi motivazionali appartenente a tutte le persone. Di interesse particolare sono stati gli studi sulle alle attribuzioni causali relative al successo e all’insuccesso scolastico: da tali ricerche è emerso che le cause fondamentali in base alle quali gli studenti spiegano il loro successo o insuccesso scolastico sono l’abilità, lo sforzo, la difficoltà del compito, la fortuna; altre cause sono poi l’umore degli alunni stessi, la loro eventuale stanchezza, gli episodi di malattia e, non ultimo, l’atteggiamento dell'insegnante.
Studi futuri, che si focalizzeranno su queste o altre dinamiche motivazionali, potranno ulteriormente delucidare sul ruolo dell’impegno nello sviluppo della resistenza e del successo scolastico dello studente nel lungo termine.



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