domenica 30 novembre 2014

Matematica...geometria: differenza tra esercizi e problemi


Non riflettiamo mai abbastanza sulla differenza che esiste tra la risoluzione di un problema o di un esercizio in matematica o in geometria. Infatti sarebbe bene porsi almeno due domande:
1. Occorrono le stesse conoscenze per entrambi?
2. Ci si riferisce al processo o al prodotto?
Se abbiamo in mente l'alunno con discalculia dovremo sicuramente tener conto:
a. di partire da quanto l'alunno già possiede (conoscenze e procedure);
b. di aiutare l'alunno ad automatizzare i processi e i contenuti attraverso nuovi modelli di azione;
c. di rinforzare tali nuovi modelli fino alla consapevolezza del loro significato;
d. di condurre l'alunno verso sistemi di logica più complessa.
Nel libro The Art and Craft of Problem Solving, Paul Zeitz (2007) dell'Università di San Francisco pone una distinzione tra lo svolgimento di un esercizio e la risoluzione di un problema.
Per Zeitz, un esercizio è qualcosa che si sa esattamente come risolvere: se dato come compito a scuola o a casa, richiederà con tutta probabilità di usare gli argomenti appena svolti a lezione. Attenzione: non è detto però che si riesca a risolvere un esercizio, perché magari si sbagliano i conti oppure non ci si ricorda in tutti i suoi particolari il concetto che si sa dovere usare.
Ad esempio, sappiamo che per trovare il perimetro di un quadrato dobbiamo sommare il valore di ogni lato. Potrebbe succedere che se confondo i segni + e - oppure se riporto scritto un numero diverso dal valore dato, 6 al posto di 5, il risultato non corrisponderà. Sarà però importante osservare la procedura e questa osservazione è molto importante quando siamo in presenza di un alunno con discalculia. Nella valutazione bisognerà tenerne conto!!!
Il caso più problematico potrebbe presentarsi nello svolgimento di una espressione algebrica.
Il risultato è che la matematica risulterà estremamente noiosa e odiosa.
Al contrario, un problema può risultare più divertente perché richiede molto pensiero e intraprendenza prima che sia trovato il giusto approccio risolutivo.
Per comprendere che cos'è un problema, riporto un esempio tratto da Zeitz:
Un impiegato del censimento bussa a una porta, e  alla donna che gli apre le chiede quanti figli ha e quanti anni hanno. Lei risponde: "Ho tre figliele loro età sono dei numeri interi e il prodotto di queste età è 36 ".
"Questo non è sufficiente", risponde l'impiegato del censimento.
"Potrei dirle la somma delle loro età, ma rimarrebbe comunque perplesso".
«Vorrei che mi dicesse qualcosa di più."
"Va bene, allora la mia figlia maggiore Annie ama i cani".
Quali sono le età delle tre figlie?

Sicuramente il problema contiene al suo interno degli esercizi. Per la soluzione sono necessari 5 passi:
1. La comprensione delle informazioni presenti nel problema stesso e delle loro relazioni;
2. La rappresentazione delle informazioni mediante uno schema in grado di strutturarle;
3. La categorizzazione del problema attraverso l'individuazione delle operazioni necessarie alla sua risoluzione;
4. La pianificazione delle procedure;
5. Il monitoraggio e la valutazione.


Immagino abbiate provato a risolvere il problema dell'impiegato del censimento. Agli alunni possiamo proporne anche di più semplici (!) quale: la base di un rettangolo misura 3 volte l'altezza di cm.12. Quanto è il perimetro?

La soluzione del problema delle età delle figlie:
Il prodotto delle età è 36, quindi ci possono essere solo alcune possibili triple di età. Nella tabella sono riportate tutte le possibilità, con le somme delle età sotto ogni tripla.


Ora vediamo come procedere. Nella seconda risposta la madre dice che potrebbe dire la somma delle età delle sue figlie, ma che questa risposta potrebbe dare adito a perplessità. Ci fornisce comunque informazioni preziose. Ci dice che le età sono o (1, 6, 6) o (2, 2, 9), perché in tutti gli altri casi, la conoscenza somma ci direbbe senza ambiguità la loro età! L'indizio finale ha ora un senso in quanto
ci dice che c'è una figlia maggiore, eliminando il triplo (1, 6, 6). Le figlie hanno quindi 2, 2 e 9 anni.
Come afferma Zeizt, la soluzione di un problema, è simile alla scalata di una montagna. E per gli scalatori meno esperti, il compito può sembrare scoraggiante. la cosa più importante è l'impegno, ma non guasta anche una dose di fortuna per il raggiungimento della vetta. Sono sicuramente necessari diversi tentativi!!! Allo stesso modo, si potrà risolvere un problema di matematica . È necessario spendere le giuste energie per individuare le strategie appropriate che spesso possono essere anche non matematiche.
Di fronte ad un nuovo e apparentemente difficile problema, spesso non si sa da dove cominciare. Le strategie psicologiche ci possono aiutare a sviluppare il giusto stato d'animo. Infatti, una volta che si è iniziato a lavorare, comincia a svilupparsi un quadro strategico globale che ci permette di continuare e completare la nostra soluzione.




martedì 25 novembre 2014

La Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute: versione bambini e adolescenti (ICF-CY, WHO, 2007)



La scelta di un modello osservativo

L’ICF-CY ha la possibilità di consentire l’uso di un linguaggio comune per l’osservazione dei bambini. L’ICF, costruito inizialmente per una popolazione adulta, è stato successivamente sviluppato per i più giovani ed è un mezzo che permette di classificare i problemi di ogni individuo alla luce di diversi fattori che possono fermare o aiutare lo sviluppo degli alunni.
 Il modello ICF (International Classification of Functioning and Health) punta l’attenzione precisamente sulla salute e sul funzionamento della persona e non sulla sua disabilità. L’ICF si allontana da questa vecchia modalità  di pensiero, attraverso un cambio concettuale radicale: dalla “disabilità delle persone”, alla “salute delle stesse”, stabilendo un linguaggio comune” per poter essere usato e capito da persone che operano in campi differenti e da persone di Paesi diversi. Le funzioni mentali/psicologiche sono comprese nelle funzioni corporee, riferendosi all’organismo umano nella sua interezza. Salute e funzionamento sono la risultante di un’interconnessione complessa, globale e multidimensionale tra Attività Personali, legate sia dalle condizioni fisiche, sia dalle funzioni e strutture corporee, sia dalla partecipazione sociale e sia dai fattori contestuali (ambientali e/o personali).
Secondo il modello proposto dalle due Classificazioni dell'OMS (ICF e ICF-CY), le «barriere» sono dei «fattori nell'ambiente di una persona che, mediante la loro assenza o presenza, limitano il funzionamento e creano disabilità.
 Esse includono aspetti come un ambiente fisico inaccessibile, la mancanza di tecnologia d'assistenza rilevante e gli atteggiamenti negativi delle persone verso la disabilità, e anche servizi, sistemi e politiche inesistenti o che ostacolano il coinvolgimento delle persone con una condizione di salute in tutte le aree di vita». I «facilitatori», invece, sono «dei fattori che, mediante la loro assenza o presenza, migliorano il funzionamento e riducono la disabilità. Essi includono aspetti come un ambiente fisico accessibile, la disponibilità di una rilevante tecnologia di assistenza o di ausili e gli atteggiamenti positivi delle persone verso la disabilità, e includono anche servizi, sistemi e politiche che sono rivolti ad incrementare il coinvolgimento di tutte le persone con una condizione di salute in tutte le aree di vita. L'assenza di un fattore può anche essere facilitante, come ad esempio, l'assenza di stigmatizzazione o di atteggiamenti negativi. I facilitatori possono evitare che una menomazione o una limitazione dell'attività divengano una restrizione della partecipazione, dato che migliorano la performance di un'azione, nonostante il problema di capacità della persona».
Nel caso dello sviluppo dei bambini, la strategia ha come obiettivo l’eliminazione delle barriere, il supporto ai facilitatori, al fine di consentire quelli con difficoltà di apprendimento di poter costruire un proprio progetto di apprendimento. La seconda ragione per la scelta del ICF è che si tratta di un modello multidimensionale combinazione di vettori multipli di funzionamento.
Da parte della Organizzazione Mondiale della Sanità si è reso necessario l’adeguamento dell’ICF ad una popolazione di bambini perché:
·   la natura e la forma del funzionamento nei bambini sono diverse da quelle degli individui adulti;
·  il bambino, nella classificazione di funzionamento, è un "bersaglio in movimento", ossia in crescita;
-  gli indicatori di fattori di rischio funzionali sono fondamentali per la prevenzione e l'intervento precoce.

Le Convenzioni, le leggi e gli atti per i diritti dei bambini rispetto all'ICF sono:
           - la  Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo (1989): articolo 23; 
          - Le Regole Standard per l'equità delle opportunità; 
          - La Dichiarazione di Salamanca sul diritto all'istruzione;
·                     - L’Educazione per Tutti – Il Forum Dell’Educazione Mondiale;
                       -Diversi atti nazionali per l'istruzione e la salute delle persone con disabilità.

L'uso di ICF-CY sul campo è finalizzato a:               
- Profilo di funzionamento, attività e partecipazione per integrare/chiarire le diagnosi;                     -  - Inclusione  dei fattori ambientali;
- Il quadro biopsicosociale dell’interazione fra  persona e ambiente come base per la pianificazione del trattamento individualizzato;
- Il chiarimento  dei ruoli partecipanti all’ intervento.
L'ICF ci insegna ad osservare ogni situazione in modo globale, interconnesso, in relazione a diversi  fattori quali: l'auto-efficacia, l'autostima, la motivazione.

  La struttura del questionario ICF-CY
Il questionario della ricerca è stato il risultato dell’individuazione di alcune aree elettive per l’osservazione della dislessia, sia nella scuola dell’infanzia sia nella scuola primaria, risultando una versione ridotta del questionario originale.

I .C .F .- C .Y.
versione ridotta composta da una selezione mirata prettamente alla rilevazione di dati correlati alla nostra ricerca per la dislessia.
STRUTTURA DELLE SCHEDE OSSERVATIVE
1A breve elenco delle funzioni corporee
 
·                     funzioni mentali
·                     funzioni sensoriali e dolore
·                     funzioni della voce e dell’eloquio
·                     funzioni neuro-muscoloscheletriche e correlate al movimento
 
 
1B strutture corporee
·                     occhio, orecchio e strutture correlate
·                     strutture coinvolte nella voce e nell’eloquio
·                     strutture correlate al movimento
2 attività e partecipazione
 
·                     apprendimento e applicazione delle
   conoscenze
·                     compiti e richieste generali
·                     comunicazione
·                     mobilità
·                     cura di sé
·                     vita domestica
·                     interazioni e relazioni interpersonali
·                     principali aree di vita
·                     vita sociale, civile e di comunità  
 

 Linee guida per la codifica


 È necessario scegliere un insieme di codici per creare un profilo di funzionamento per l’individuo, tenendo conto delle Funzioni Corporee, delle Strutture Corporee, dell’Attività e Partecipazione e dei Fattori Ambientali. (Si tratta di codificare soltanto le informazioni rilevanti nel contesto di una condizione di salute e assumendo che il soggetto sceglierebbe di compiere l’azione.) Inoltre la codifica riguarda soltanto le informazioni esplicite, ossia le osservazioni e non le inferenze. Talvolta le inferenze possono essere essenziali, ad esempio, nelle Funzioni Mentali oppure quando si tratta di osservare le limitazioni nella capacità di guardare (d110) si parte dall’inferenza che il soggetto ha una cecità totale.

Un’altra indicazione riguarda la codifica di informazioni specifiche, ossia il codificare il massimo dettaglio possibile permesso dall’evidenza dell’osservazione. Bisogna , dunque, scegliere un insieme di codici per creare un profilo di funzionamento dell’individuo che tenda a:

1.             Codificare solo le informazioni rilevanti;

2.             Codificare solo le informazioni esplicite;

3.             Codificare le informazioni specifiche.

Di seguito proponiamo uno schema in cui sono rappresentati tutti gli elementi di codifica:

Per quanto riguarda l’uso dei qualificatori è fondamentale:

        a.     Trovare la categoria appropriata (rilevante, esplicita, specifica);

        b.    Usare il qualificatore o i qualificatori per ogni componente.

I Qualificatori sono così organizzati:

 Ogni dimensione della disabilità ed i Fattori Ambientali utilizzano dei qualificatori che forniscono informazioni rilevanti alla dimensione o componente.

Tutti i primi qualificatori delle dimensioni di disabilità denotano l’estensione o la gravità di un problema in quella componente.

Il primo qualificatore per i Fattori Ambientali denota l’estensione per cui un fattore dell’ambiente agisce come barriera o facilitatore.

Tutti i primi qualificatori utilizzano la stessa scala ordinale per l’estensione o la gravità.

Questa scala di gravità è comune per i primi qualificatori usati sia per Funzioni e Strutture Corporee, per i qualificatori di capacità e performance di Attività e Partecipazione e per i qualificatori di barriera e facilitatore nei fattori ambientali.

Questa scala a cinque passi non deve essere considerata uno strumento di assessment, ma è sufficientemente sensibile per cogliere differenze significative nel tempo. Il significato dei punti-soglia di base (lieve, moderato, grave) dipenderà dalla dimensione e in alcuni casi dalla categoria particolare per cui viene applicato il qualificatore.

 L’OMS offre un range di percentuali per ogni punto-soglia, che sono applicabili per l’uso clinico dell’ICF e che incorporano due assunti:

1) che il margine di errore agli estremi (nessun problema/problema completo) è del 4%;

2) poiché la popolazione a cui si applica la scala dovrebbe essere sopra la soglia clinica, il problema grave dovrebbe cominciare al 50%

Si noti che l’OMS offre queste percentuali come suggerimento e base per la ricerca. Gli utenti sono incoraggiati a sviluppare le loro proprie percentuali, basate sull’evidenza e sulle correlazioni con strumenti di assessment esistenti.

domenica 16 novembre 2014

La memoria di lavoro: un problema per gli alunni con disturbi specifici dell'apprendimento #DSA



Charles Hulme e Margaret Snowling (John Wiley & Sons, 2009) sostengono che la memoria è l’area cognitiva in cui i DSA riscontrano maggiori difficoltà.
Possiamo riferirci in particolare al disturbo della lettura sia sul versante della decodifica, sia sul versante della comprensione.
Non è raro che un bambino con dislessia, dopo aver letto in maniera faticosa una parola ed essere passato alla successiva, si sia già dimenticato quella precedente.
Naturalmente così viene ostacolata anche la capacità di comprensione del testo che, considerata di per sé, si rivela essere buona. Infatti, normalmente i DSA hanno buona Memoria Episodica, ma questa viene ad essere compromessa se è richiesta l’elaborazione di stimoli per loro difficoltosi. I maggiori  problemi  dei DSA si ritrovano, comunque, nella Memoria di lavoro, cioè nella capacità di mantenere contemporaneamente e manipolare informazioni  verbali o visuospaziali. La Memoria di Lavoro non è un sistema per la semplice memorizzazione degli stimoli, ma consente la regolazione dello svolgimento di attività complesse quali l'acquisizione linguistica (Baddeley e Al., 1998) e la comprensione del testo (De Beni, Palladino, Pazzaglia e Cornoldi, 1998).  
 
Fig.3 Il modello di Cornoldi e Vecchi (2003)Un modello di memoria di lavoro che approfondisce alcuni concetti elaborati nel modello di Baddeley, è stato presentato da Cornoldi e Vecchi (2003). Si tratta di un modello a forma di cono che presenta due dimensioni:
una verticale ed una orizzontale. Lungo il continuum verticale si possono raggruppare le abilità più automatizzate dove il coinvolgimento della memoria di lavoro è basso mentre i processi più centrali richiedono un controllo più elevato. Pertanto, aumentando il livello di controllo, parimenti aumenta anche la richiesta di risorse cognitive; quindi, più alto è il grado di controllo richiesto da un’attività, più lo svolgimento di questa è incompatibile con lo svolgimento simultaneo di un’altra attività centrale. Un’ulteriore aspetto spiegato dal continuum verticale è l’ancoraggio dei processi della memoria di lavoro alla natura specifica dell’informazione elaborata. Perciò, le attività più semplici (quelle di base) sono strettamente ancorate a un determinato tipo d’informazione (ad esempio, percezione e ricordo immediato di colori), mentre un’attività a livello intermedio mantiene un ancoraggio più debole, e, infine, un’attività molto centrale si stacca quasi completamente dalla natura dell’informazione elaborata. Il modello di Cornoldi e Vecchi presenta anche un piano orizzontale, che riguarda il contenuto di diverse tipologie d’informazione e la minore o maggiore distanza esistente tra queste. Il materiale linguistico e quello visuo-spaziale si collocano ai punti opposti di questo piano, mentre il materiale visivo e quello spaziale, pur occupando punti separati, possono avere un maggior grado di contiguità. Grazie a questa caratteristica è possibile giustificare in maniera più completa la distinzione tra materiale spaziale e materiale visivo, e la differenza tra questa distinzione e la distanza nel loro insieme dalle componenti verbali (Pazzaglia e Cornoldi, 1999).
La memoria di lavoro visuo-spaziale è utilizzata in numerose occasioni, quali l'orientamento, il movimento nello spazio, la comunicazione non verbale, la costruzione di immagini mentali, il disegno, l'acquisizione delle conoscenze semantiche sulle proprietà degli oggetti, l'elaborazione delle coordinate visive spaziali, la comunicazione non verbale, l'apprendimento geografico e la comprensione dei testi.
Nei bambini, le difficoltà di Memoria di Lavoro Visuo Spaziale, magari prima sottostimate, possono diventare importanti con l'ingresso a scuola: infatti, la maggior parte delle discipline scolastiche ne prevede l'uso.
Le difficoltà che possono essere riscontrate riguardano:
  • la matematica, soprattutto nel problem solving e in compiti geometrici (ricordare figure geometriche e manipolarle mentalmente);
  • le scienze, dovute all'incapacità di mantenere in memoria le relazioni causali e/o temporali che possono essere impiegate nella spiegazione di eventi fisici e scientifici;
  • il disegno spontaneo o su copia: disegnare prevede il recupero dalla memoria degli elementi da riprodurre e il mantenimento delle relazioni spaziali tra tali elementi;
  • la comprensione dei testi, soprattutto in quelli che descrivono delle configurazioni spaziali;
  • la geografia (per es. ricordare la posizione di un fiume in una piantina) ma soprattutto nell'orientamento nello spazio: nel ricordare un percorso e nell'orientamento in un ambiente consultando una mappa.
  •  
Risulta evidente come una compromissione delle componenti della Memoria di Lavoro Visuo Spaziale produca numerose difficoltà nel bambino, non solo a scuola. Uno studio ha dimostrato che la ricodifica verbale dell’informazione visuo-spaziale inizia il proprio sviluppo intorno ai 7-8 anni e continua durante l’adolescenza fino ai 20 anni; lo sviluppo della memoria di lavoro visuo-spaziale nei bambini è significativamente correlato con l’utilizzo di strategie di codifica fonologica.
I problemi qui presentati sembrano persistere anche in dislessici adulti, nonostante la loro piena compensazione.
Il bambino dislessico, avendo sia difficoltà fonologiche che nel ragionamento sequenziale, elabora,  già a livello di memoria di lavoro, tracce mnestiche deboli e confuse che vengono facilmente dimenticate.
Il dimenticare quanto appreso provoca una enorme frustrazione sia in lui, sia negli insegnanti, sia nei suoi genitori. Questo stato va ad interferire con le sue effettive abilità , riducendone la motivazione allo studio e, alla lunga, intaccando l'immagine di sé. Il risultato consisterà in un netto peggioramento delle prestazioni scolastiche.

 


 
 


 

Prima di tutto la persona!!!

Qualcuno si è rivolto al sottoscritto e descrivendo le sue attività mi disse. "Sa, le dovrei parlare di un caso che conosco...un ragazzo DOP (!)". A me viene in mente la marca di un vecchio shampoo per capelli. L'acronimo DOP sta per Disturbo Oppositivo Provocatorio. Attenzione a non confondere la persona con il disturbo, qualsiasi esso sia. Non diremo nella stessa situazione né un ragazzino dislessico né un iperattivo...parleremo, ad esempio, di Giovanni o di Celestina. altrimenti potremmo perdere di vista soprattutto la relazione con loro, che sappiamo essere estremamente importante in ambito didattico, educativo o clinico. Nella psicologia sistemica quando avviene il contrario di una costruzione interattiva congruente si parla di punteggiatura. Secondo
Bateson e Jackson (nel loro terzo assioma della comunicazione) chi partecipa all’interazione, ed è quindi calato nella comunicazione, legge lo scambio e reagisce ad esso secondo quella che gli autori hanno definito la punteggiatura della sequenza di eventi. In sostanza si va a sottolineare una parte per il tutto. Il problema si risolve soltanto a livello di metacomunicazione, ossia il livello in cui si affronta il significato della relazione. Pertanto, la natura di una relazione dipende dall'esatta punteggiatura delle sequenze di comunicazione tra i comunicanti.







 
 
 

venerdì 14 novembre 2014

Il Piano Didattico Personalizzato #PDP

L'efficacia del PDP è legata alla sua possibilità di modificare comportamenti e procedimenti sia a scuola che a casa.
Le indicazioni devono essere finalizzate a farlo diventare:
1. efficace;
2. realistico;
3. coerente in base alla diagnosi;
4. verificabile (monitoraggio periodico sugli obiettivi raggiunti).
A tal fine alla redazione del piano concorrono insieme, condividendolo, scuola e famiglia.

La Didattica Inclusiva

Gli insegnanti sono sempre più preoccupati sull'organizzazione delle attività didattiche le quali possano costituire una risposta ai bisogni di tutti e di ciascuno. La ricetta si chiama: DIDATTICA INCLUSIVA. Durante la redazione del Piano Didattico Personalizzato dovrà essere lasciato uno spazio che coinvolga, insieme all'alunno co Disturbi si Apprendimento, anche tutta la classe. Dunque non solo Misure dispensative e Strumenti compensativi ma anche metodologie di integrazione.

giovedì 13 novembre 2014

Come si sentono i bambini con Disturbi Specifici di Apprendimento #Dsa

Durante i primi anni di scuola, ogni bambino si dibatte tra un’immagine di sé positiva e i sentimenti di inferiorità. Se riescono bene a scuola, svilupperanno sentimenti positivi su di sé e penseranno di riuscire nella vita. Se i bambini, al contrario, vanno incontro ad insuccessi e frustrazioni continue, essi potrebbero farsi l’idea di essere inferiori agli altri e che i loro sforzi non danno risultati. Pertanto, invece di sentirsi adeguati e produttivi, essi svilupperanno l'idea che è l’ambiente a determinare la loro vita. da ciò inadeguatezza e incompetenza.