venerdì 18 agosto 2017

Simboli e metamorfosi nell’arte di Escher a cura della Dott.ssa Nicoletta Romanelli


Introduzione del Prof. Salvatore Sasso


 

La dottoressa Romanelli  è Psicologa - Criminologa - Psicodiagnosta, Esperta in Scienze dell’Educazione e Formazione, Socia PEA - Psicologia Emergenza Abruzzo, Consulente Polizia Locale, CTU presso il Tribunale di Sulmona (AQ), oltre ad essere stata mia allieva ed essersi laureata a pieni voti presso la Facoltà di Psicologia dell'Università di Chieti.

 

Perchè pubblicare un tema dedicato ad Escher della dottoressa Romanelli ?

Sappiamo molto bene come i quadri di Escher ben si prestino a simboleggiare il disagio psichico. Le opere dell'autore sono congegnate in modo tale che vi siano rappresentate delle immagini impossibili. Il gioco prospettico, come ad esempio nella "Cascata", favorisce la rappresentazione di elementi psicopatologici, di circolarità, dove salita e discesa coesistono. Nei momenti di sofferenza sentiamo un blocco, un empasse che non ci permette di andare né avanti né indietro. Le litografie sono una metafora del modo in cui, per risolvere un problema, di qualsiasi natura esso sia - stress, lutto, separazione, una relazione amorosa -sia necessario uscire dalla circolarità.

 
  
 

 
 
Alle volte diventa difficoltoso spiegarsi il perché alcune situazioni siano in grado di minare il nostro benessere. Accettare la circolarità significa adattarsi inconsapevolmente ad ulteriori conseguenze e ad un uso improprio delle nostre energie psichiche. I cambiamenti spesso ci spaventano e in tal modo rimaniamo nell'enpasse, senza fare un passo avanti.
Non si tratta di andare tutti in psicoterapia e non bisogna neanche essere "fuori di testa". Allora il problema riguarda l'imparare a vedere i nostri problemi da un'altra prospettiva.
Dallo psicologo non si va per andare a rintracciare solo dei traumi infantili, né a risolvere le conflittualità senza che la persona non faccia alcuno sforzo. Insomma lo psicologo non è uno "strumento" passivo, al contrario cerca di aiutare le persone a trovare delle "risposte". La psicoterapia è una risorsa che non aiuta solo chi ha una psicopatologia, ma tutti, poichè ognuno di noi, a nostra volta, non è invincibile. Così, come per superare gli inganni visivi delle figure di Escher, si ha bisogno di punti di vista esterni che arricchiscano il nostro.
 

 
Simboli e metamorfosi nell’arte di Escher”[1]
A cura di
Dott.ssa Nicoletta Romanelli

Escher può essere descritto come un “artista ponte” tra mondi antitetici.

Arte, matematica, filosofia, psicologia e religione rappresentano universi paralleli, che utilizzano linguaggi differenti, all’apparenza completamente avulsi l’uno dall’altro ma che, in realtà, sottendono un’intima connessione e compenetrazione di simboli e significati.

È l’immagine, con il suo potere evocativo e simbolico l’elemento di congiunzione tra questi piani distinti di realtà. L’immagine è la rappresentazione di qualcosa in sua assenza, dunque, in forza di ciò, assurge essa stessa a ruolo di simbolo. Ogni immagine implica un universo di significati che si celano dietro di essa, può rimandare a qualcosa di positivo e di negativo nello stesso tempo, suscitando pensieri ed emozioni, risvegliando contenuti ora consci ora inconsci, sepolti in chissà quale piega dell’animo umano.

Come in un caleidoscopico fluire, le immagini si avvicendano nella mente dell’uomo, generando qualcosa di stupendo: il pensiero. Ed è proprio attraverso le immagini che si fa strada il pensiero umano. Si procede per immagini ed associazioni di immagini nel complesso processo dell’apprendimento, si procede per quei piccoli frammenti di immagini nella composizione del proprio romanzo di vita, che la memoria chiama ricordi …

Insomma, nel suo continuo oscillare tra polarità opposte, l’immagine ci appare come un oggetto, qualcosa di profondamente concreto oppure come eterea trascendenza della realtà, nel suo divenire metafora. Dal figurativo all’astratto, per utilizzare le categorie dell’arte.

Si pensi, ad esempio, all’immagine della bandiera. Nel suo essere mero oggetto consta sostanzialmente di un pezzo di stoffa e di un’asticella di legno … eppure la sua essenza non può ridursi semplicemente a questo. La bandiera abbraccia una costellazione di significati ben più nobili, quali il patriottico senso di identità e di appartenenza di un popolo, la sua storia, i suoi usi e costumi.

Escher è senza dubbio un artista molto affascinante ed assai caro agli psicologi. Chi nel proprio cursus studiorum non ha mai incontrato un’opera di Escher?

Sui libri di psicologia, in particolar modo nel capitolo dedicato alla percezione, abbondano raffigurazioni di Escher, le sue “immagini impossibili” in grado di ingannare la mente, perché evidenziano la debolezza dei principi logico-spaziali attraverso i quali la mente organizza il processo interpretativo della realtà fenomenica.

Le figure impossibili realizzate da Escher sono spesso utilizzate con finalità didattiche per  spiegare, appunto, la percezione, ovvero quell’insieme di funzioni psicologiche che permettono all’uomo l’organizzazione dei dati sensibili e, dunque, l’acquisizione di informazioni provenienti dal mondo esterno. Definita anche come la risultante di un processo di elaborazione di informazioni sensoriali di varia natura (olfattive, visive, tattili, uditive, gustative, propriocettive), la percezione si configura come organizzazione immediata, coerente e significativa di un insieme di stimoli provenienti da un dato ambiente ed in un certo tempo.

Le prospettive invertite realizzate da Escher ammettono l’esistenza di più soluzioni interpretative che però risultano incompatibili tra loro e generano nell’occhio dell’osservatore un conflitto percettivo.

L’ambiguità delle soluzioni percettive procura inevitabilmente una continua alternanza di piani in un loop infinito, in cui prevale ora l’una ora l’altra soluzione percettiva, senza sosta, in cui la prima impressione è quella più pregnante dal punto di vista emotivo.

Per Escher “il disegno stesso è illusione: suggerisce tre dimensioni sebbene sulla carta ce ne siano solo due”.

La Psicologia della Gestalt si è sbizzarrita nell’elaborazione di una enorme quantità di figure impossibili, illusioni ottiche e configurazioni ambigue, in cui lo spettatore si cimenta nel gioco percettivo dell’inversione figura/sfondo.

La psicodiagnosi trova nel famoso Test di Rorschach l’applicazione più suggestiva e affascinante di tale principio.

Impiegato da H. Rorschach dal 1911 come strumento psicodiagnostico pluridimensionale e proiettivo, il test si basa sull’utilizzo di un particolare tipo di illusione, detto pareidolia (Jaspers), in cui stimoli sensoriali indefiniti sono resi nitidi da elementi intrapsichici.

Tale intuizione era stata colta in tempi remoti dallo stesso Leonardo da Vinci nel suo ‟ Trattato sulla Pittura”. Leonardo da Vinci invitava a sviluppare la fantasia attraverso “l’interpretazione” di stimoli indefiniti, come ad esempio, le nuvole oppure le macchie di umidità sui muri.

Nel test di Rorschach si riproduce artificiosamente la pareidolia, e si richiede all’esaminando di interpretare liberamente le macchie di colore presentate.

Tali stimoli non strutturati spingono il soggetto a risolverli dal punto di vista percettivo. Le modalità con cui avviene tale interpretazione fornisce allo psicologo interessanti informazioni sulle strategie cognitive, affettive e relazionali del soggetto.

Dall’arte alla psicologia per catapultarci nell’universo matematico con Roger Penrose, matematico, fisico e cosmologo britannico che pubblicò nel British Journal of Psychology (vol. 49, parte I, febbraio 1958) il suo triangolo impossibile, noto anche come Tiangolo di Penrose.

Si tratta di un’illusione creata da elementi reali e regolari presi singolarmente, che però stanno insieme tra loro per mezzo di collegamenti inesatti.

Molte altre figure prendono le mosse da questa intuizione. Ad esempio la Gabbia pazza di Cochran.

Escher vide il disegno di Penrose quando si stava dedicando completamente alla costruzione di mondi impossibili. Il triangolo impossibile divenne la struttura modulare con la quale egli realizzò l’opera del 1961, Cascata - Escher (1961), litografia.

In quest’opera egli lega tre di questi tribarra e ne amplifica l’effetto straniante attraverso lo stratagemma della cascata e del movimento della ruota alimentata dall’acqua, detto perpetuum mobile, che hanno la finalità di potenziare l’assurdità della composizione realizzata.

Nell’opera Belvedere - Escher (1958), litografia, si introduce un ulteriore elemento disturbante, la Gabbia matta di Cochran, nel dettaglio del personaggio. Si può notare accanto al personaggio che sorregge lo strano oggetto, un foglio in cui è raffigurata l’immagine come dovrebbe essere in realtà.

Con il perpetuum mobile si introduce un altro tema sviluppato in modo geniale da Escher, il tema dell’infinito.

Escher sperimenta una serie di Approssimazioni all’infinito come ad esempio nel Limite del cerchio IV (Cielo e Inferno), Escher (1960), xilografia. Dove ci sono due simboli in netta contrapposizione, Angeli e Demoni, in eterna lotta tra loro. Così lontani eppure così vicini …

Escher intuisce la possibilità simbolica dell’immagine quando la trasforma in forma geometrica. Il rettile che diviene quadrato, di nuovo dal figurativo all’astratto, nell’opera Sviluppo 1, Escher (1937), litografia.

Ma la summa di questo concetto avviene nell’opera Drago, Escher (1960), xilografia, in cui le sinuose spire del drago ancestrale, l’ouroboros, il serpente che si morde la coda in un ciclico ed eterno divenire, si muta in simbolo matematico.

In matematica, appunto, per esprimere il concetto dell’infinito, si disegna una sorta di 8 “sdraiato”, che richiama alla mente l’immagine arcaica religiosa del serpente che si morde la coda, in un perpetuo ed imperituro fluire.


Bibliografia

§  Le Garzantine, Psicologia, di Galimberti U., Garzanti, Torino, 2002

§  Ernst B., Lo specchio magico di M. C. Escher, Taschen, Berlino,1990

§  Escher M. C., Grafica e disegni, Taschen, Berlino, 1992

§  Pirani F., Treffers B. (a cura di ), Nell’occhio di Escher, Mondadori Electa, Milano, 2004






[1] N.B: il presente articolo è stato estrapolato dalla relazione presentata dalla Dott.ssa Nicoletta Romanelli “Simboli e metamorfosi nell’arte di Escher” in occasione del convegno dedicato ad Escher nell’ambito della manifestazione artistico - culturale  “Prospettive distorte” - Castrovalva (AQ) 29 e 30 Luglio 2017
 
 

martedì 1 agosto 2017

La prospettiva costruttivista di Salvatore Sasso

Nel corso degli ultimi anni, oltre all'esigenza di una radicale revisione degli obiettivi educativi da assegnare alla scuola, sono emerse profonde innovazioni nel campo della psicologia dell'apprendimento e dell'intelligenza. In particolare, tali cambiamenti riguardano una diversa concezione di 'cognizione' e l'affermazione della prospettiva del costruttivismo e il consolidamento dell'idea che, per migliorare la qualità dell'apprendimento è necessario sviluppare una 'scuola centrata sullo studente'. A vari studiosi risulta evidente come il concetto di 'cognizione', che deriva dalla ricerca cognitivista, risponda la visione di un uso individualistico delle abilità intellettive, e che le modalità di insegnamento e apprendimento che si adottano risentano di questa maniera di intendere.
Risulta invece chiaro quanto sia importante assumere una visione di 'cognizione' più estesa, diffusa e potenziata dalle risorse e strategie di riflessione delle persone, come anche dagli strumenti e possibilità di cui esse dispongono. Oggi si riducono sempre di più i problemi che possono essere affrontati e risolti dalle risorse 'intellettive' di una singola persona. La quantità di informazioni disponibili cresce ad un ritmo così elevato che non sembra realistico pensare a 'una' intelligenza in grado di poter gestire tutto da sola. Diventa pertanto necessario, e possibile, assumere una nuova visione di intelligenza come abilità 'distribuita' tra persone, prodotti, attività e non racchiusa entro i confini di un'unica mente.
Salomon (1993) afferma che “Tradizionalmente, la cognizione umana è stata vista come esistente solo 'all'interno' della testa delle persone e gli studi hanno in gran parte trascurato i contesti sociali, fisici e i prodotti nei quali essa ha luogo [...] una comprensione più chiara della cognizione umana sarebbe raggiunta se gli studi fossero fondati sul concetto che la cognizione sia distribuita tra gli individui, che la conoscenza sia socialmente costruita attraverso gli sforzi di collaborazione per raggiungere obiettivi condivisi nei contesti culturali e che l'informazione sia elaborata tra individui e che gli strumenti e prodotti siano forniti dalla cultura'.
A partire dagli anni '80 si sono diffuse anche posizioni critiche nei confronti del 'cognitivismo', che hanno favorito lo sviluppo di una nuova prospettiva dell'apprendimento: il costruttivismo. Esso afferma che la conoscenza corrisponde al processo di costruzione attivo e dinamico intrapreso dal soggetto, a partire dalla propria esperienza della realtà.
In questa prospettiva, l'apprendimento è un processo costruttivo nel quale la persona che apprende costruisce una rappresentazione interna della conoscenza, una interpretazione personale dell'esperienza. Questa rappresentazione è costantemente aperta al cambiamento, la sua struttura e le sue connessioni costituiscono il fondamento a cui altre strutture di conoscenza vengono connesse.
Il punto essenziale della prospettiva costruttivistica (Bendar, Cunningham, Duffy e Perry,1993) riguarda l'apprendimento come un processo attivo nel quale il significato è sviluppato sulla base dell'esperienza. Questa visione di conoscenza non rifiuta necessariamente l'esistenza di un mondo reale e conviene sul fatto che la realtà pone delle costrizioni sui concetti che sono conoscibili, ma sostiene anche che tutto quello che conosciamo del mondo sono interpretazioni umane della nostra esperienza del mondo stesso. La crescita concettuale deriva dalla condivisione di prospettive molteplici e dal simultaneo cambiamento delle nostre rappresentazioni interne, in risposta a queste prospettive, come anche attraverso un'esperienza di accumulazione. In coerenza con questa visione della conoscenza, l'apprendimento deve essere situato in un contesto ricco, riflettente contesti del mondo reale affinché questo processo costruttivo avvenga e si trasferisca ad ambienti che vanno oltre la scuola o la pratica di classe. L'apprendimento attraverso un apprendistato cognitivo, che rifletta la collaborazione nella risoluzione di problemi del mondo reale e l'uso di strumenti disponibili nelle situazioni di soluzione di problemi è la chiave. La misura dell'apprendimento sta nel quanto efficace o strumentale è la struttura della conoscenza di chi apprende nella facilitazione del riflettere sulcontenuto”. La rielaborazione del concetto di cognizione e lo sviluppo della prospettiva del costruttivismo sono all'origine di profondi cambiamenti avvenuti nell'ambito della ricerca sul processo di istruzione/apprendimento. Genericamente questi cambiamenti vengono definiti anche come 'istruzione centrata sullo studente'.
L'istruzione centrata sullo studente ha la caratteristica di rivolgere una particolare attenzione agli elementi di unicità e alla componente del coinvolgimento dello studente. I principi a fondamento della scuola 'centrata sullo studente' sono cinque (Lambert e McCombs, 1998):
Primo principio: Gli studenti hanno prospettive diversificate o schemi di riferimento forniti dalla loro storia, dal loro ambiente, dai loro interessi e obiettivi, dalle loro credenze e dai loro modi di pensare, e da cose simili. Queste cose devono essere oggetto di attenzione e rispetto se gli studenti sono impegnati e assumono la responsabilità del loro apprendimento;
Secondo principio: Gli studenti hanno differenze uniche, includendo in esse gli stati emotivi della mente, i livelli di apprendimento, gli stili di apprendimento e le fasi di sviluppo, le abilità, i talenti, i sensi di efficacia, e altre necessità. Queste cose devono essere tenute in conto, se a tutti gli studenti devono essere presentate sfide e opportunità di apprendimento e autosviluppo di cui hanno bisogno;
Terzo principio: L'apprendimento è un processo costruttivo che si realizza meglio quando ciò che deve essere appreso è rilevante e significativo per chi apprende e quando chi apprende è attivamente impegnato nella creazione della sua conoscenza e comprensione connettendo ciò che è appreso con la conoscenza e l'esperienza precedenti;
Quarto principio: L'apprendimento procede con maggiore facilità in un ambiente che promuove relazioni interpersonali e interazioni, piacevolezza e ordine, e nel quale chi apprende si sente apprezzato, riconosciuto, rispettato e valorizzato;
Quinto principio: L'apprendimento è concepito come un processo fondamentalmente naturale; chi apprende è visto per natura come curioso e di solito interessato all'apprendere e a padroneggiare il proprio mondo. Sebbene talvolta interferiscano con questa inclinazione naturale e vadano affrontati i pensieri e sentimenti negativi di chi apprende, questi non devono essere riferiti a difficoltà o inadeguatezze che devono essere 'riparate'.
Il pensare all’apprendimento centrato sullo studente, mi ha fatto procedere alla ricerca di altro materiale su cui poter ragionare in merito all’inclusione e ai processi di automiglioramento. Ad esempio, da un sito di una scuola sulla rete, ho reperito la seguente osservazione sulle prove Invalsi:
“Il dato più preoccupante emerso dall'autovalutazione è la frammentazione interna all'istituto relativamente ai risultati alle prove Invalsi, che evidenzia disequità. È stato rilevato che le classi con buoni risultati rispetto alla media hanno all'interno meno alunni che si attestano sui livelli 1 e 2, a differenza delle classi con risultati molto sotto la media, nelle quali sono presenti molti alunni in percentuale che si posizionano nei livelli 1 e 2. In generale nell’Istituto, la percentuale di livelli 1 e 2 è più alta della media nazionale. Questi dati hanno determinato la scelta degli obiettivi del RAV.
Le riflessioni del team hanno portato, inoltre, ad una conclusione condivisa: il miglioramento degli esiti degli alunni passa attraverso la condivisione di processi e percorsi tra docenti della comunità di pratiche professionali. Alcune ricerche dimostrano che in presenza di un’alta capacità di lavoro cooperativo dei docenti si hanno migliori risultati di apprendimento degli allievi: si dimostra un collegamento significativo tra modelli organizzativi che integrano elementi di comunità ed alti risultati nelle prove Invalsi. Se si  sono consolidate forme di condivisione a livello di piccoli plessi, sembra ancora piuttosto complesso, vista anche l’oggettiva frammentazione dell’Istituto, realizzare una comunità di pratiche professionali ed  un curricolo di scuola veramente agito.  Per questo è necessario prevedere azioni di processo/sistema relativamente alla formazione dei docenti del dipartimento di matematica, settore più problematico nei risultati Invalsi, alla costruzione di un curricolo in verticale agito e, soprattutto, alla diffusione di buone pratiche e metodologie innovative già presenti nella scuola. Vanno previsti processi che favoriscano lo scambio di buone pratiche, per diffondere le azioni che producono esiti migliori.