lunedì 26 giugno 2023

L’ADULT ATTACHMENT INTERVIEW: Diagnosi e Terapia per lo sviluppo dei processi di crescita della Persona di Salvatore Sasso


L'Adult Attachment Interview (AAI) è un'intervista semi-strutturata sviluppata dalla psicologa Mary Main e colleghi (1985; 2002), sulla base del quadro teorico della teoria dell'attaccamento di John Bowlby.

Viene utilizzata per valutare lo stile di attaccamento di un adulto e le sue prime esperienze con le figure di attaccamento, in genere i suoi genitori o i caregiver.

L'AAI si basa sulla teoria dell'attaccamento, che suggerisce che le prime esperienze con i caregiver modellano le aspettative, le convinzioni e i comportamenti di un individuo nelle relazioni per tutta la durata della vita. L'intervista, della durata di circa un’ora, mira a comprendere lo stile di attaccamento di un individuo esplorando i suoi ricordi, sentimenti e riflessioni sulle sue esperienze di attaccamento infantile.

Durante l'AAI, l'intervistatore pone 20 domande a risposta aperta sulla relazione dell'individuo con i propri genitori o tutori, così come i ricordi di eventi o aspetti specifici della prima infanzia. L'intervistato è incoraggiato a elaborare le proprie esperienze, pensieri ed emozioni relative all'attaccamento. Vengono richiesti 5 aggettivi per descrivere la qualità della relazione con ognuno dei due genitori, supportandoli con ricordi ed esperienze che hanno condotto alla scelta di quel determinato aggettivo. Inoltre si approfondiscono le esperienze di separazione con le figure di accudimento, insieme ai lutti e ad eventulali traumi subiti. Vengono coinvolte anche le figure dei nonni. Infine l’intervista si pone come obiettivo anche il rapporto con i propri figli e, se non dovessero esserci, come ci si immaginerebbe tale tipo di relazione. L'intervistatore può anche porre domande di follow-up per acquisire una comprensione più profonda dei modelli di lavoro interni legati all'attaccamento dell'intervistato.

L'AAI viene tipicamente trascritta e successivamente codificata utilizzando una serie di linee guida sviluppate da Mary Main e dai suoi colleghi (Main, Kaplan, Cassidy, 1985). Il processo di codifica aiuta a classificare lo stile di attaccamento dell'intervistato in una di queste categorie: Sicuro, Distanziante, Preoccupato, Irrisolto, Non classificabile. Queste categorie riflettono diversi modi in cui gli individui sono arrivati a comprendere e affrontare le relazioni di attaccamento in base alle loro prime esperienze.

L'AAI è stato ampiamente utilizzato nella ricerca per indagare la relazione tra le prime esperienze di attaccamento e gli esiti successivi nell'età adulta, come la salute mentale, le relazioni interpersonali e gli stili genitoriali. Può fornire preziose informazioni sui modelli di attaccamento di un individuo, sulla sua capacità di intimità e regolazione emotiva e sul suo benessere generale.

L'AAI viene valutato in base alle risposte dell'individuo, con particolare attenzione alla coerenza e alla qualità della loro narrazione. L'intervista è progettata per valutare la classificazione dell'attaccamento dell'individuo, che può rientrare nelle seguenti categorie principali:

1.   Sicuro (F - free): Questa categoria rappresenta un atteggiamento equilibrato verso l'attaccamento. L'individuo è in grado di riflettere in modo coerente sulle proprie esperienze di attaccamento passate, riconoscendo sia gli aspetti positivi che quelli negativi. Sono in grado di descrivere in modo coerente le proprie emozioni e relazioni.

2.   Distanziante (Ds - dismissing): Le persone assegnate a questa categoria tendono a minimizzare l'importanza delle relazioni di attaccamento o a svalutarle. Possono mostrare una mancanza di memoria dettagliata delle proprie esperienze di attaccamento o possono esprimere pensieri e sentimenti negativi in modo generalizzato.

3.   Preoccupato (E – entangled): Questa categoria indica un atteggiamento iperattento e preoccupato verso l'attaccamento. Le persone che rientrano in questa categoria possono essere dominate dai loro ricordi e sentimenti di attaccamento, mostrando una scarsa capacità di riflettere in modo coerente sulle proprie esperienze. Possono esprimere confusione o angoscia riguardo alle relazioni attuali.

4.   Irrisolto (U - unresolved): Questa categoria è stata aggiunta in seguito alle ricerche di Main e Hesse. Rappresenta l'incapacità di un individuo di integrare in modo coerente e risolvere eventi traumatici o dolorosi del passato legati all'attaccamento. Le persone che rientrano in questa categoria possono mostrare risposte disorganizzate o incoerenti durante l'intervista.

5.   Non Classificabile (CC – cannot classify): Questa categoria mostra la copresenza di stati mentali relativi all’attaccamento multipli e e incompatibili fra loro, come ad esempio, il distanziante e l’irrisolto. Le esperienze riportate sono spesso confuse da non permettere una elaborazione nell’organizzazione del pensiero e a livello narrativo

Queste categorie sono utilizzate per valutare le risposte dell'individuo durante l'AAI e per fornire un'indicazione generale dello stile di attaccamento. È importante notare che l'assegnazione a una determinata categoria non rappresenta una valutazione definitiva dell'attaccamento di un individuo, ma offre una guida per comprendere le rappresentazioni mentali.

L'AAI è generalmente somministrata e interpretata da professionisti qualificati in psicologia o campi correlati.

È importante notare che l'AAI viene utilizzato principalmente in contesti di ricerca e clinici e richiede una formazione specializzata per la somministrazione e l’interpretazione accurata.

Fornisce preziose informazioni sui modelli di attaccamento di un individuo e può aiutare a informare interventi terapeutici o studi di ricerca incentrati sulla teoria dell'attaccamento.

A livello terapeutico l’AAI consente di raccogliere informazioni sul contesto evolutivo e su tutti quei processi di accudimento che hanno distinto una persona lungo tutto il suo sviluppo. Le narrazioni relative all’Intervista consentono di comprendere quelli che Bowlby (1973) chiamava Modelli Operativi Interni, ossia quegli schemi cognitivi-affettivi che indirizzano la persona allo sviluppo delle relazioni, permettendo di far emergere il mondo interno del paziente e le sue rappresentazioni mentali.

Pertanto il paziente, sia che si tratti di diagnosi sia di terapia, attraverso l’AAI ha modo di utilizzare l’ascolto da parte del clinico per parlare dei suoi problemi attuali collegandoli alle esperienze infantili, mediante uno scambio/condivisione che può condurre ad una situazione di benessere. Una parte importante viene acquisita dal monitoraggio metacognitivo, in quanto, al di là dei processi interni affettivi ci si può riferire anche ai processi di pensiero e della memoria al fine di valutare possibili contraddizioni logiche, anche attraverso una possibile fallibilità della memoria. L’AAI permette, pertanto, una ricostruzione della storia del paziente, facendo riemergere dati che erano stati esclusi dalla propria autoconsapevolezza (Di Carlo e Al., 2011).

 


 

 

 

venerdì 2 giugno 2023

La sindrome di Asperger: quali interventi progettare per bambini e adolescenti di Salvatore Sasso

 




La sindrome di Asperger, anche nota come disturbo dello spettro autistico di tipo 1, è un disturbo neurologico che fa parte dei disturbi dello spettro autistico (ASD). Prende il nome dallo psichiatra austriaco Hans Asperger, che per primo ha descritto le sue caratteristiche nel 1944.

Ecco alcune delle principali caratteristiche della sindrome di Asperger:

1.     Difficoltà nella comunicazione sociale: Le persone con sindrome di Asperger spesso hanno difficoltà a interpretare le sfumature della comunicazione non verbale, come l'espressione facciale, il tono di voce ei gesti. Possono avere difficoltà a mantenere il contatto visivo ea comprendere le dinamiche sociali.

2.     Interessi ristretti e comportamenti ripetitivi: Le persone con sindrome di Asperger possono sviluppare interessi particolarmente intensi e specializzati in specifici argomenti. Possono dedicare molto tempo e attenzione a questi interessi e possono avere difficoltà a conversare su altri argomenti. Inoltre, possono mostrare comportamenti ripetitivi, come movimenti del corpo o routine fisse.

3.     Difficoltà nella comprensione delle emozioni: Le persone con sindrome di Asperger possono avere difficoltà a comprendere le proprie emozioni e quelle degli altri. Possono avere difficoltà a esprimere emozioni in modo appropriato ea riconoscere le emozioni degli altri attraverso i segnali non verbali.

4.     Rigidezza cognitiva e resistenza al cambiamento: Le persone con sindrome di Asperger possono mostrare un attaccamento eccessivo alle routine e possono avere difficoltà ad affrontare il cambiamento. Possono diventare ansiosi o irritabili se le routine vengono interrotte o se devono affrontare situazioni nuove e impreviste.

5.     Difficoltà nell'empatia e nella prospettiva altrui: Le persone con sindrome di Asperger possono avere difficoltà a mettersi nei panni degli altri ea comprendere le loro prospettive. Ciò può portare a una mancanza di empatia apparente oa comportamenti socialmente inappropriati, anche se spesso non è intenzionale.

6.     Sensibilità sensoriale: Molte persone con sindrome di Asperger hanno una sensibilità sensoriale aumentata o diminuita rispetto alla norma. Possono essere ipersensibili a stimoli come suoni, luci o texture, o possono essere iposensibili a determinati stimoli.

7.     Capacità cognitive e intelligenza: Le persone con sindrome di Asperger spesso mostrano un'intelligenza media o superiore alla media. Possono eccellere in determinati ambiti di conoscenza e avere abilità cognitive particolari, come la memoria dettagliata o la capacità di analizzare pattern complessi.

È importante sottolineare che le caratteristiche e il livello di gravità della sindrome di Asperger possono variare notevolmente da persona a persona. Ogni individuo con questa sindrome avrà una combinazione unica di tratti e sfumature. Quando si lavora con ragazzi con la sindrome di Asperger, è importante adottare un approccio comprensivo, individualizzato e sensibile alle loro esigenze specifiche. Per un intervento efficace diviene fondamentale una comunicazione chiara che:

a.     Utilizzi un linguaggio semplice, diretto e concretamente comprensibile.

b.    Eviti l'uso di espressioni figurate o ambigue che possono confondere il ragazzo.

c.     Fornisca istruzioni dettagliate e suddividi le informazioni complesse nei passaggi più piccoli.

 

Quali sono i tipi di intervento da effettuare con i ragazzi con sindrome di Asperger?

Gli interventi per i ragazzi con sindrome di Asperger sono mirati a favorire il loro sviluppo e ad aiutarli ad affrontare le sfide associate al disturbo.

Ecco alcuni dei tipi di intervento comuni:

1.     Interventi educativi: Un'educazione adatta alle esigenze individuali è essenziale per i ragazzi con sindrome di Asperger. Gli interventi educativi possono includere l'insegnamento di abilità sociali e di comunicazione, strategie per la gestione delle emozioni, l'addestramento alle competenze quotidiane e l'accento sull'interesse particolare dell'individuo per favorire l'apprendimento.

2.     Terapia cognitivo-comportamentale (CBT): La CBT è una forma di terapia che si concentra sulle connessioni tra pensieri, emozioni e comportamenti. Questa terapia può aiutare i ragazzi con sindrome di Asperger a sviluppare abilità di adattamento, gestione delle emozioni e pensiero flessibile. La CBT può essere utile per affrontare l'ansia, la rigidità cognitiva e gli schemi di pensiero rigidi.

3.     L'Acceptance and Commitment Therapy (ACT) è un approccio terapeutico basato sulla consapevolezza e sull'accettazione dei pensieri e delle emozioni, mentre ci si impegna ad agire in linea con i propri valori. Sebbene l'ACT sia stato originariamente sviluppato per trattare una vasta gamma di problemi psicologici, può essere adattato ed utilizzato anche con adolescenti con sindrome di Asperger. L'ACT può offrire molti benefici agli adolescenti con sindrome di Asperger. Ad esempio, può aiutare ad aumentare la consapevolezza delle proprie emozioni, a comprendere meglio i propri pensieri ea sviluppare strategie per gestire l'ansia e lo stress. Inoltre, l'ACT può incoraggiare l'accettazione di sé e degli altri, aiutando gli adolescenti a migliorare la loro autostima ea costruire relazioni sociali più significative. Tuttavia, è importante considerare che ogni individuo è unico e che un approccio terapeutico può funzionare in modo diverso per ciascuno. Pertanto, è fondamentale che l'ACT o qualsiasi altro approccio terapeutico sia personalizzato alle esigenze specifiche dell'adolescente con sindrome di Asperger, tenendo conto dei suoi punti di forza, delle sue sfide e delle sue preferenze individuali. Una valutazione approfondita da parte di un professionista qualificato può aiutare a determinare l'idoneità dell'ACT come parte di un piano di trattamento più ampio.

4.     L'Acceptance and Commitment Therapy (ACT) – approccio di terza generazione - potrebbe, pertanto, essere un'opzione terapeutica valida da considerare per gli adolescenti con sindrome di Asperger, ma è importante adattare l'approccio alle esigenze individuali di ciascun adolescente. Ciò significa che un terapeuta qualificato dovrebbe valutare attentamente la situazione dell'adolescente, comprendere le sue sfide specifiche, le sue abilità ei suoi obiettivi, e poi personalizzare l'ACT in base a queste informazioni. Ogni individuo con sindrome di Asperger è unico e può rispondere in modo diverso ai vari approcci terapeutici, quindi è importante adattare l'approccio per soddisfare le sue esigenze specifiche. In definitiva, l'ACT può essere un approccio promettente per gli adolescenti con sindrome di Asperger, ma è importante che sia utilizzato in modo personalizzato e integrato in un piano di trattamento più ampio, tenendo conto delle specifiche caratteristiche e sfide dell'adolescente coinvolto.

5.     Alcuni studi clinici del modello ACT (S.C.Hayes, Strosahl e Wilson, 1999) hanno evidenziato la loro utilità nel trattamento dell’ansia, depressione, disturbo alimentari e dipendenze. La psicologia positiva si è rivelata molto valida anche con soggetti non clinici.

6.     La rappresentazione collegata al modello ACT, definito Hexaflex, ci dà la possibilità di lavorare sui processi e naturalmente descrivere più a livello funzionale che nosografico un disturbo mentale, così come classificato dal DSM. Quindi, nel nostro caso specifico, partendo da un accurato assessment, attraverso la rappresentazione dell’Hesaflex si potrebbe costruire un intervento finalizzato al superamento della sofferenza (Salvatore Torregrossa).





7.     Collegato all’ACT troviamo il modello DNA-V, il cui potenziale consentirebbe agli adolescenti e ai giovani di individuare, dapprima i punti di forza, e di conseguenze favorire, nel qui ed ora, il superamento di abitudini mentali inutili L.L. Hayes, J. Ciarrochi, Adolescenti in crescita, Franco Angeli, Milano, 2017).

 

 




lunedì 29 maggio 2023

Riflessioni sul Corso di alta formazione “AUTISMI” Istituto Cartesio, ANAPIA di Salvatore Sasso e Federico Magnani

 



L’idea del corso nasce dall’esigenza di fornire, oltre alle conoscenze teoriche, cliniche e storiche della sindrome dello spettro autistico, un’esperienza condivisa che volga lo sguardo agli aspetti relazionali ed emotivi che coinvolgono bambini, bambine, giovani con autismo e le figure educative. L’ idea che dietro la diagnosi ci sia un individuo con la sua storia, il suo temperamento e i suoi vissuti, ci motiva a indagare le dinamiche dei funzionamenti evolutivi collegati all’attaccamento, alle emozioni e all’ambito socio-relazionale, cosi da aprire un varco nelle barriere che questo disturbo crea.

Il corso da poco svolto si articola in 7 moduli, ognuno con un argomento specifico di pertinenza e legati tra loro da un comune filo conduttore.

L’ obiettivo del corso è stato quello di fornire ai partecipanti (insegnanti, insegnanti di sostegno, educatori, genitori) le conoscenze legate alle modalità di intervento, alla natura dei comportamenti, ai metodi e alle strategie necessarie a lavorare sulle diverse aree di competenza, dall’apprendimento didattico alle competenze sociali, cognitive e relazionali. In particolare uno sguardo è stato rivolto alla natura dello sviluppo psico-emotivo, quelle basi evolutive che attraverso l’esperienza relazionale e l’attaccamento, determinano lo sviluppo dell’individuo.

Crediamo che in questo campo l’esperienza vissuta sia la prassi efficace dell’apprendimento. In questo senso si è voluto fare del corso un’esperienza in cui la partecipazione, l’interazione e le tematiche condivise con i corsisti hanno permesso di indagare i temi più pertinenti rispetto ad un intervento educativo autentico, così da fornire una visione di insieme rispetto ai bisogni specifici dei bambini e dei giovani con i quali scegliamo di confrontarci e incrementare gli strumenti che consentono di capire e sintonizzarsi con quest’ultimi.

Il corso ha fornito così una visione più ampia rispetto alla patologia e ai suoi funzionamenti, con l’obiettivo di creare una consapevolezza non solo verso chi riceve l’intervento educativo, ma anche verso chi si prepone di attuarlo.

Le relazioni che si sono sviluppate durante il corso hanno, pertanto, messo in evidenza come sia stata fondamentale la costruzione del gruppo di insegnamento/apprendimento. Nonostante le lezioni si siano svolte in modalità a distanza, attraverso le strategie utilizzate sulla piattaforma Zoom – le stanze di lavoro – le persone hanno avuto modo di conoscersi e confrontarsi, in maniera esperienziale in coppia, nel piccolo gruppo e nel grande gruppo, su tematiche attinenti la loro parte emozionale.

La costituzione di un “ambiente protetto” ha permesso a tutti gli attori presenti, non tanto di raccontare un fatto accaduto ma soprattutto di elaborarlo sotto la guida pedagogica e psicologica dei conduttori. Ognuno ha potuto così mettere in evidenza le sue fragilità.

Come detto in precedenza, le conoscenze teoriche hanno funzionato da supporto per formulare un progetto innovativo.

In conclusione, non esiste una patologia ma delle relazioni che spesso sfuggono per la difficoltà, a livello istituzionale-sanitario, per la cui condivisione è necessaria la creazione di una struttura di mediazione che svolga il ruolo sinergico di incontro delle varie esperienze e di confronto strategico sul territorio, mettendo in relazione le famiglie, la scuola e le strutture socio-psico-pedagogiche.