martedì 9 gennaio 2018

Il Metodo Integrato: Gli Strumenti necessari per impostare una positiva relazione tra insegnante e allievo di Salvatore Sasso e Michela Bellizzi

Il metodo integrato:
Gli strumenti necessari per impostare 
una positiva relazione tra insegnante  e allievo

1. L’importanza di una comunicazione efficace
Spesso l’insegnante si trova di fronte adolescenti che non hanno voglia di applicarsi negli studi, perché troppo distratti o troppo svogliati, oppure ad adolescenti che si isolano e non partecipano in modo costruttivo a discussioni ed attività. È evidente che questi ragazzi così facendo manifestano un disagio che deve essere ascoltato e risolto.
Rispetto a questa situazione problematica, Gordon suggerisce l’utilizzo della tecnica dell’ascolto attivo.
È importante e difficile fornire all’altro l’ascolto. Nella nostra quotidianità e davanti ad un problema portato da una persona che chiede l’aiuto, viene spontaneo “parlargli” piuttosto che “ascoltarlo”. Questo modo di agire non fa altro che mettere in evidenza gli errori e le mancanze, arrivando ad ottenere come risultato la chiusura dell’individuo che cerca aiuto, oltre che un forte senso di incomprensione.
In effetti, così facendo, si usa il linguaggio dell’inacettazione, in quanto si comunica all’adolescente che sta sbagliando, che è un incapace, che in lui c’è qualcosa che non va e tutto questo peggiora il rapporto comunicativo con l’altro.
Questi errori sono chiamati da Gordon “ostacoli alla comunicazione”. Egli ne evidenzia alcuni:
·         Ordinare: in questo modo i sentimenti, nonché i bisogni dell’alunno non vengono presi in considerazione. Ne risulta che egli si sentirà incompreso.
·         Avvertire e minacciare: l’adolescente avvertendo l’ostilità dell’insegnante è portato a difendersi oppure a sottomettersi.
·         Esortare: in questo modo l’adulto invita l’adolescente a seguire determinati obblighi.
·         Consigliare e suggerire soluzioni: questo modo di agire da parte dell’insegnante, comunica all’adolescente che egli non ha alcuna fiducia nelle capacità del giovane di risolvere da solo i problemi. Ciò porta l’alunno ad essere continuamente dipendente.
·         Giudicare, criticare, biasimare: le critiche negative danneggiano molto l’immagine personale che l’adolescente si sta costruendo, tutto questo distrugge lentamente la sicurezza e la fiducia in sé.
·         Complimentare ed approvare: i complimenti immeritati, al pari delle critiche, possono ferire l’adolescente che li sente non corrispondenti all’immagine di sé.
·         Umiliare e ridicolizzare: l’alunno si sentirà offeso a seguito della mancanza di sensibilità dell’insegnante.
Si evidenzia come l’accettazione incondizionata è l’unico mezzo necessario per aiutare una persona in difficoltà. La persona che si sente accettata, per ciò che si è, si sentirà libera di cambiare, di poter realizzare le proprie aspirazioni, riuscire a risolvere i propri conflitti.
Gordon ritiene che l’accettazione non è qualcosa di passivo ma piuttosto una forza interiore attiva, occorre apprendere le tecniche necessarie per “saper ascoltare” in modo efficace.
L’insegnate che userà il metodo dell’ascolto attivo aiuterà l’allievo ad esplorare i suoi sentimenti, i suoi bisogni ed i suoi desideri. 

2. Le tecniche operative di Thomas Gordon
Thomas Gordon ha proposto una serie di metodologie necessarie per impostare una positiva ed efficace relazione tra insegnante ed allievo. Gordon mette in luce l’importanza che rivestono, in ogni rapporto umano, l’accettazione, il rispetto, l’autenticità e la corretta comunicazione. Tutto questo risulta essere tanto più vero nel rapporto tra adulti e adolescenti. Egli inoltre sottolinea il fatto che gli insegnanti il più delle volte non riescono ad aiutare gli allievi in difficoltà, in quanto si rapportano con essi in modo sbagliato e questo ne blocca la creatività e la fiducia in se stessi. Questi atteggiamenti finiscono per favorire la dipendenza piuttosto che l’autonomia e con il controllare ogni azione piuttosto che sollecitare l’iniziativa individuale. Tutto questo dipende dal fatto che gli insegnanti non sono preparati a comunicare efficacemente e a trovare una soluzione agli inevitabili conflitti senza che si vengano a creare tra le due parti vincitori e vinti. Questa cattiva gestione della comunicazione induce a vivere una condizione di frustrazione sia per l’insegnante sia per l’allievo.
Spesso l’insegnante si sente frustrato, perché pur essendo competente ed amante della sua professione, non trova riscontro nel rendimento della classe a causa della bassa motivazione, della mancanza di concentrazione e del disinteresse mostrato dagli allievi.
Il lavoro dell’insegnante, estremamente creativo, piacevole e gratificante, finisce per essere considerato una continua fatica. Gli insegnanti, ad un certo punto della loro carriera, attribuiscono il senso del loro disagio percepito a varie cause: lo stress insito nella professione, l’irrequietezza dei ragazzi che sembra aumentare di generazione in generazione e l’inadeguato trattamento economico. In realtà il vero motivo del disagio è un altro, ovvero la tensione costante per riuscire a mantenere la disciplina ed il dover adeguarsi ad un ruolo difficile da sostenere.
Gordon mette in evidenza come il primo problema viene risolto con atteggiamenti autoritari o permissivi, due metodi errati ed inadeguati che conducono ad un rapporto di forza che si conclude inevitabilmente con un vincitore ed un vinto.
Per quando riguarda il secondo aspetto, Gordon sottolinea come l’insegnante ha paura di mostrarsi per ciò che è, in altre parole una persona che possiede pregi, difetti, limiti e sentimenti. L’insegnate nel rapporto con l’allievo si mostra quasi sempre come una persona che sa tutto e che non sbaglia mai e quando prova ad essere se stesso teme che gli allievi abbiano un rapporto troppo confidenziale.
L’allievo invece vive una condizione di disagio perché considera il più delle volte la scuola come un luogo di costrizione e di stress.
Ciò accade perché non si stabilisce un buon rapporto tra docente e studente.
È importante rilevare che il rapporto tra insegnante e allievo è più importante dei contenuti culturali, dei metodi di insegnamento e della capacità di apprendimento.
            Queste problematiche emergono perché nessuno ha mai insegnato agli insegnanti come poter impostare una valida relazione con gli allievi e a gestire le dinamiche interne alla scolaresca.
Gordon alla luce di ciò, vuole cercare di colmare queste mancanze proponendo delle metodologie che porteranno l’insegnante ad iniziare un percorso di cambiamento di se stesso e della relazione con gli allievi.
Le tecniche proposte da Gordon sono:
1.      L’ascolto attivo.
2.      Il messaggio-io.
3.      La risoluzione dei conflitti con il metodo del problem solving.
Queste metodologie costituiscono un valido aiuto sia per l’insegnante sia per l’allievo.
In questo modo, l’insegnante riuscirà ad essere vero, avrà la possibilità di sentirsi un membro attivo del gruppo classe e riuscirà a gestire correttamente la disciplina.
L’alunno, nello stesso tempo svilupperà la gioia di imparare, aumenterà la sua autostima, diventerà più responsabile e riuscirà a gestire da solo i suoi problemi.
Le metodologie elaborate da Gordon possono essere utilizzate in tutti i livelli scolastici.
Il loro utilizzo non intacca il normale svolgimento del programma scolastico poiché non riguardano contenuti culturali, ma mirano a migliorare il rapporto insegnante-allievo.

2.1 L’ascolto attivo
La tecnica dell’ascolto attivo mette in evidenza il linguaggio accettazione ed è costituito da quattro fasi:
1.      Ascolto passivo (silenzio). In questa fase l’alunno ha la possibilità di esporre, senza essere interrotto, i suoi problemi.
2.      Messaggi di accoglimento. Tali messaggi indicano all’allievo che l’insegnante lo sta seguendo nel discorso e lo ascolta. I messaggi di accoglimento possono essere verbali e non verbali.
3.      Inviti calorosi. Questi inviti incoraggiano l’adolescente a parlare.
4.      Ascolto attivo. Con l’ascolto attivo l’insegnante “riflette” il messaggio espresso dall’alunno, senza emettere messaggi aggiuntivi. In questo modo l’alunno si sentirà ascoltato, accettato e riuscirà in autonomia a trovare la soluzione ai suoi problemi. Cosi facendo inizierà e svilupperà un processo di cambiamento e di crescita sana.
Gordon ritiene che l’ascolto attivo sia efficace perché lascia all’adolescente la piena gestione dei suoi problemi.
Utilizzando l’ascolto attivo, l’insegnante avrà modo di sentirsi amato e stimato dagli studenti mentre per l’allievo sarà un modo per acquisire sicurezza ed autonomia.
È importante sottolineare che l’ascolto attivo deve essere messo in atto quando ci si trova davanti ad un individuo che manifesta un problema. Nello specifico l’insegnante, esercitando l’ascolto attivo, riuscirà a svolgere il ruolo di facilitatore, riuscirà a comprendere e a partecipare alle emozioni dei suoi allievi, riuscirà a creare un clima di rispetto e libertà.

2.2 Il messaggio - io
La tecnica del messaggio-io viene il più delle volte definita “tecnica di confronto” in quanto l’insegnante, facendone uso, ha la possibilità di mettere a confronto i suoi sentimenti e bisogni percepiti con i comportamenti inaccettabili dell’allievo.
L’insegnante, in questo modo, andrà a comunicare all’adolescente cosa il suo comportamento inappropriato gli ha provocato; allo stesso tempo l’allievo riesce ad essere consapevole del suo agire e delle reazioni che scaturiscono nell’altro.
L’adulto passando dalla condizione “tu sei” al “io sento” e quindi comunicando con sincerità ciò che si prova restituirà all’alunno il suo essere persona autentica. Ne consegue che l’alunno non si sentirà mortificato ed aggredito, riuscirà a riflettere sulle conseguenze delle sue azioni così da poter reagire consapevolmente in futuro.
            Emettere il messaggio-io, vuol dire esplicare sempre i propri sentimenti, quindi cambiare il proprio modo di rapportarsi con gli altri prendendo coscienza responsabilmente dei propri vissuti.

2.3 Il problem solving
La tecnica del problem solving viene messa in atto quando, in presenza di un problema difficile da gestire, non si intravede la possibilità di trovare una soluzione soddisfacente.
Il problem solving risulta essere molto efficace per porre fine ad una controversia tra due o più persone.
La sua messa in atto presuppone il soddisfacimento di sei tappe:
1.      Esposizione chiara dei punti problematici del conflitto.
2.      Proposta delle diverse soluzioni.
3.      Considerazione degli aspetti positivi e negativi di ogni soluzione proposta.
4.      Eliminazione delle soluzioni non idonee e scelta delle situazioni più adatte per la risoluzione del problema.
5.      Organizzazione dei mezzi necessari per l’attuazione della soluzione scelta.
6.      Verifica dei risultati ottenuti.
Quindi il problem solving costituisce un valido strumento di mediazione del conflitto che Gordon propone di apprendere.
  
2.4 Il metodo “senza perdenti”
 Gordon propone un ulteriore metodo da mettere in atto nel caso in cui i bisogni dell’insegnante e dell’alunno non trovano un punto di incontro. Si tratta appunto del “metodo senza perdenti” che consiste nella ricerca da parte di entrambi di una soluzione soddisfacente.
            Normalmente in una disputa succede che, chi impone il suo punto di vista spesso con la forza, sconfigge l’altro. In questo caso, il vincitore percepirà un sentimento di soddisfazione, al contrario, il perdente percepirà un sentimento di frustrazione e sconforto che andrà a trasformarsi in desiderio di rivalsa. Queste dinamiche, quasi sempre presenti nella nostra quotidianità, azionano una serie di reazioni conflittuali ed oppositive a catena. Se invece, da entrambi le parti, ci si sforza di ascoltare e rispettare i diritti dell’altro nonché ricercare una soluzione che non comporterà vincitori e vinti, i conflitti potrebbero assumere una forma meno distruttiva.
            Generalmente le controversie tra insegnante ed allievo vengono risolte utilizzando due metodi, l’autoritarismo e il permissivismo, entrambi assolutamente errati poiché basati su un rapporto di forza.
L’autoritarismo porterà all’utilizzo del controllo e delle punizioni, in questo modo il conflitto verrà risolto lasciando l’alunno in una condizione di frustrazione, di sconfitta e con desiderio di rivalsa.
Se, invece, l’insegnante utilizzerà il permissivismo si otterrà la situazione contraria rispetto alla prima. L’alunno affermerà il suo potere sull’insegnante, il quale anche in questo caso vivrà una situazione di disagio legata alla percezione dell’inadeguatezza nella gestione della classe.
Con la metodologia proposta dallo psicologo umanista Gordon le due parti coinvolte nella disputa, sono portate a fare uno sforzo comune, cioè ricercare comunemente una soluzione favorevole per entrambi. Si tratta di un metodo basato sul buon senso e sulla creatività, capace di sviluppare un sentimento di stima e simpatia reciproca, nonché un desiderio di collaborazione.
  
3. Il circle time
Lo strumento privilegiato degli interventi di educazione socio affettiva nella classe è il circle time. Il termine deriva dall’inglese e vuol dire appunto il tempo del cerchio.
Il circle time ha le caratteristiche e la struttura di una riunione di gruppo, durante la quale tutti i membri della classe si ritrovano per discutere di un problema o un argomento proposto dagli alunni o dall’insegnante.  Quindi nel contesto scolastico il circle time si propone come obiettivo primario quello di creare un clima collaborativo ed amichevole tra gli alunni. Infatti, il gruppo di discussione centrato sul compito assegnato, consente a ciascun alunno di vivere un’esperienza che favorisce l’acquisizione ed il potenziamento delle capacità di lavoro di rete e di compartecipazione. In questo specifico spazio si possono acquisire il senso del rispetto del pensiero dell’altro, di rispettare il tempo dell’altro, la capacità di mediazione tra più idee.
Al conduttore del gruppo, il quale potrà essere un insegnante, uno psicologo o un pedagogista, viene richiesta una formazione specifica che riguarda appunto, l’accettazione ed il rispetto. Solo a seguito di ciò, egli potrà sollecitare chi del gruppo non vuole parlare, sostenere chi desidera esprimere le proprie idee e vigilare sulla partecipazione attiva da parte di tutti i membri del gruppo.
All’insegnante formato per la conduzione del gruppo, viene richiesto di apprendere metodologie efficaci per la comunicazione con gli studenti al fine di poter produrre un rapporto di mutuo rispetto tra sé e l’allievo.
Finalità generale del circle time è quella di favorire e promuovere la conoscenza reciproca e l’assimilazione di regole efficaci di comunicazione. Il tutto nell’ottica di una educazione all’ascolto e all’espressione di sé basata su valori quali il rispetto e l’equità.
All’interno del circle time la comunicazione passa alternativamente dal linguaggio verbale a quello non verbale. Generalmente il linguaggio non verbale viene proposto nelle situazioni in cui è più difficile esprimere i vissuti interiori; infatti le tensioni inespresse possono essere liberate con più facilità con un gesto grafico, un movimento o la drammatizzazione.
Tali passaggi si realizzano grazie all’utilizzo di specifiche tecniche che favoriscono la comunicazione e lo scambio reciproco.
Normalmente, soprattutto nei primi incontri del “tempo del cerchio”, il gruppo sperimenta una dipendenza dal conduttore, cui si rivolge con maggiore frequenza per ottenere delle direttive.
In questo caso il conduttore aiuterà il gruppo nella fase iniziale per poi condurlo verso una progressiva autonomia. Alla dipendenza dal conduttore, segue la sperimentazione del conflitto, in cui soprattutto i partecipanti più estroversi tendono a monopolizzare l’attenzione e ad esprimere le loro opinioni talvolta poco rispettose nei riguardi degli altri. Anche in questo caso la funzione del conduttore sarà di indirizzare il dialogo riflessivo e costruttivo tra i partecipanti, nonché incita l’accettazione ed il rispetto della diversità dell’altro. Solo in questa direzione il gruppo potrà sperimentare la coesione e la condivisione.
Al termine del tempo del cerchio si dovrebbe raggiungere l’indipendenza; un livello in cui ciascun membro sperimenta piena fiducia in sé e negli altri, capacità che consente di poter lavorare serenamente ed un modo efficace con tutti.
È bene sottolineare che il conduttore, nel primo incontro, faccia presente, in modo chiaro e a tutti i partecipanti, alcune regole base da rispettare. Tali regole non sono altro che gli aspetti puramente tecnici del circle time:
·         Disposizione delle sedie in circolo. La disposizione circolare dello spazio condiviso garantisce la circolarità della comunicazione.
·         Determinare la frequenza degli incontranti.
·         La durata degli incontri. Generalmente è sufficiente un tempo non superiore ai trenta minuti.
·         Il criterio di decisione e gli argomenti che saranno trattati in ciascun incontro. Per questo punto, si potrà decidere insieme, per esempio, di discutere su argomenti problematici relativi alla classe.
·         Imparare a discutere insieme, ascoltando senza interrompere le opinioni altrui e sentendosi liberi di esprimere le proprie idee.
Una volta concordate e stabilite, è bene trascrivere tali regole su un apposito tabellone.
E’ importante prendere in considerazione anche le tecniche che l’insegnante deve seguire per condurre le discussioni durante il circle time. Queste sono:

  1. Osservare
·         Come gli alunni si dispongono nel cerchio;
·         Se tutti sono coinvolti nella discussione;
·         Se tutti si sentono a proprio agio;
·         A chi sono dirette le comunicazioni;
·         Osservare come si svolgono gli interventi.
Tutte queste osservazioni aiutano l’insegnante a comprendere i rapporti all’interno del gruppo, a seguire l’evoluzione dei processi di crescita degli adolescenti e a comprendere quanto questo tipo di iniziativa suscita interesse negli alunni.

  1. Facilitare la discussione
Il compito principale dell’insegnante, conduttore del gruppo, dovrà essere quello di offrire sostegno ed incoraggiamento agli allievi più timidi e cercare di contenere quelli più aggressivi, modulare la comunicazione e riassumere brevemente, alla fine di ogni discussione, quanto emerso durante l’incontro.
Nella conclusione della discussione, è importante che l’insegnante esprima sempre un parere, che sottolinei gli aspetti positivi, emersi durante lo svolgimento della stessa.
Nel caso in cui il “tempo del cerchio” venga utilizzato come spazio per la risoluzione di un problema, l’insegnante ha il compito di aiutare il gruppo nella gestione del conflitto con conseguente risoluzione costruttiva.
In entrambi i casi sono importanti il supporto e l’uso di tecniche creative, cosi da poter stimolare tutti nel cercare soluzioni nuove ed originali.






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