L’esame
psicodiagnostico: il colloquio clinico
Università degli
Studi “G. d’Annunzio” Chieti
Corso di
Psicologia Clinica Prof. Salvatore Sasso
A. Come
lo definiamo
Il colloquio
clinico è l’unità minima e l’asse portante dell’esame psicodiagnostico. La sua
finalità riguarda l’esame del problema che porta il paziente allo psicologo
clinico. In tal modo sarà possibile collocare il problema all’interno del
reticolo di elementi che vanno a costituire la storia del paziente, le sue
caratteristiche personologiche, la rete di relazioni familiari e sociali
B. Come
lo definiamo
Il colloquio clinico
non è una procedura passiva di ascolto e di registrazione di informazioni, ma deve
consentire di dare senso psicologico a quanto “porta” il paziente.
Non è mai meramente
psicodiagnostico, ma tende ad implicare una riformulazione del problema e i
processi di ristrutturazione cognitiva
C. Caratteristiche
e finalità
Il colloquio clinico
consente di esplorare il sistema cognitivo–verbale (quanto il paziente pensa e
quanto dice di sé). Inoltre rappresenta un setting di osservazione specifico e
strutturato (postura, contatto oculare, mimica, comportamento non verbale ecc.)
[le prime parole sono i gesti e il primo linguaggio è quello del corpo] e costituisce
un esempio di comportamento interpersonale significativo (analisi delle
variabili di relazione tra paziente e psicologo). Infatti, la seconda finalità
è quella di stabilire una relazione di fiducia e collaborazione nella diade
paziente-psicologo
Quindi la
valutazione del materiale raccolto nel colloquio ha come scopo:
a)
Conoscere chi è il paziente;
b)
Sapere che trattamento gli si può offrire;
c)
Indicare se il trattamento lo faremo noi o se
sarà un’altra persona a condurlo.
D. La
topografia dei colloqui iniziali
Non c’è un
ordine prestabilito in cui porre le domande ed affrontare gli argomenti, ma sono
le ipotesi e i dati a determinare la sequenza
E. Il
primo colloquio
0. Presupposti
Il colloquio è reso possibile da uno
specifico contesto motivazionale:
- c’è una richiesta di aiuto
psicologico
- c’è un professionista con una propria
competenza
- c’è l’idea condivisa che il colloquio
non è una terapia (non dà sollievo immediato)
- ci sono delle aspettative sulla
possibilità di ricevere/fornire aiuto
1.
Fase dei preliminari (accoglienza,
presentazione, saluti, riferimenti ad antefatti –conversazione telefonica,
inviante- ecc.)
2.
Fase dell’apertura vera e propria (“Di che
problemi parliamo?”; “Di che si tratta?”; “Per quale motivo è qui?”) [domanda
vaga] –i termini disturbo e malattia vano evitati- -come anche la richiesta del
nome, età, telefono…aspetti che possono essere affrontato alla fine
3. Specificazione del problema (fase del
problema iniziale) [ciò che succede nel presente]
Lo
psicologo cerca di ottenere ampia e precisa descrizione del problema lamentato
attualmente: l’attenzione è sul presente, su quanto avviene, su quanto la
persona pensa e prova. [ad es. “Cosa vuol dire che si sente ansioso/depresso?”
–dal punto di vista cognitivo, comportamentale, psicofisiologico-
4.
Analisi delle variabili funzionalmente correlate
[fase delle ipotesi di mantenimento]–il colloquio prosegue con l’individuazione
delle situazioni-stimolo che influenzano i disturbi (ad es. l’umore disforico
del mattino che migliora nel corso della giornata e peggiora il sabato e la
domenica, diviene intollerante a Natale).
Poiché
i comportamenti disfunzionali hanno conseguenze interne, familiari e sociali, è
necessario individuare variabili che modulano l’intensità, la frequenza e il
grado di interferenza del problema per fare ipotesi sulle variabili di
mantenimento (analisi funzionale)
5.
Allargamento [fase dei problemi attuali]
Il colloquio risale poi al primo insorgere del
problema, ripercorrendolo nel tempo fino al momento attuale [storia del
problema]
-Le domande sono volte a specificare e
individuare tutti i problemi, al di là di quello iniziale
6. Storia
dei problemi [fase delle ipotesi eziopatogenetiche]
- Il focus è sulla ricostruzione del primo
insorgere del problema, della prima crisi o del primo disturbo
-
si ripercorre l’evoluzione di ciascun problema cercando di cogliere le
interazioni con gli altri problemi
- l’obiettivo è formulare ipotesi per
spiegare come e perché si sia ognuno sviluppato e perché si siano tutti
mantenuti fino a questo momento
7. Storia personale [fase del profilo
complessivo]
In
questa fase si lasciano da parte gli elementi problematici e patologici
relativi alla storia clinica e si
centrano elementi della stoia personale del paziente (storia della sua vita, i
suoi progetti ecc.)
In tal modo si cerca di identificare i
fattori di vulnerabilità presenti nella storia del paziente.
è
fondamentale comprendere come il paziente rielabori la propria vita: la
selettività della memoria, la gerarchia di importanze degli avvenimenti, le
teorie causali con cui collega gli eventi, il modo in cui ha prese decisioni
(organizzazione cognitiva)
8. Aspettative di trattamento
- Bisogna approfondire le aspettative del
paziente riguardo al trattamento e ai suoi risultati
-
Il trattamento psicologico è infatti un progetto di cambiamento e implica
disponibilità al cambiamento e una elasticità superiore a quanto il paziente
possa affrontare
- Spesso la disponibilità è limitata a
procedure biologiche o a procedure di immediato riscontro
9. Ipotesi di trattamento [Parte finale del
colloquio]-
- Consente di precisare gli obiettivi di
trattamento realistici sia per il breve che per il lungo termine
-
Sono valutate le diverse opzioni terapeutiche ed eventuali tecniche (efficaci e
durature, generalizzazione agli aspetti della vita del paziente, mantenimento
nell’ambiente familiare e sociale in cui si trova o si troverà a stare)
10. Formulazione
conclusiva e chiusura
- lo psicologo dà informazioni sui risultati principali
delle varie analisi che hanno integrato il colloquio (Test, questionari ecc)
-
prospetta la propria formulazione del caso mettendo in evidenza i principali
meccanismi che possono aver dato origine ai problemi e le principali variabili
che mantengono la situazione attuale [si dice che sono proprie ipotesi e dunque
possono divergere da quelle di altri colleghi]
-
sollecita il paziente a fargli domande
-
illustra le ipotesi di trattamento, invitando il paziente a considerare
vantaggi e svantaggi di ognuna
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