martedì 9 gennaio 2018

L’esame psicodiagnostico: il colloquio clinico di Salvatore Sasso

L’esame psicodiagnostico: il colloquio clinico
Università degli Studi “G. d’Annunzio”  Chieti
Corso di Psicologia Clinica Prof. Salvatore Sasso

A.   Come lo definiamo
Il colloquio clinico è l’unità minima e l’asse portante dell’esame psicodiagnostico. La sua finalità riguarda l’esame del problema che porta il paziente allo psicologo clinico. In tal modo sarà possibile collocare il problema all’interno del reticolo di elementi che vanno a costituire la storia del paziente, le sue caratteristiche personologiche, la rete di relazioni familiari e sociali
B.   Come lo definiamo
Il colloquio clinico non è una procedura passiva di ascolto e di registrazione di informazioni, ma deve consentire di dare senso psicologico a quanto “porta” il paziente.
Non è mai meramente psicodiagnostico, ma tende ad implicare una riformulazione del problema e i processi di ristrutturazione cognitiva

C.   Caratteristiche e finalità
Il colloquio clinico consente di esplorare il sistema cognitivo–verbale (quanto il paziente pensa e quanto dice di sé). Inoltre rappresenta un setting di osservazione specifico e strutturato (postura, contatto oculare, mimica, comportamento non verbale ecc.) [le prime parole sono i gesti e il primo linguaggio è quello del corpo] e costituisce un esempio di comportamento interpersonale significativo (analisi delle variabili di relazione tra paziente e psicologo). Infatti, la seconda finalità è quella di stabilire una relazione di fiducia e collaborazione nella diade paziente-psicologo
Quindi la valutazione del materiale raccolto nel colloquio ha come scopo:
a)   Conoscere chi è il paziente;
b)   Sapere che trattamento gli si può offrire;
c)    Indicare se il trattamento lo faremo noi o se sarà un’altra persona a condurlo.

D.   La topografia dei colloqui iniziali
Non c’è un ordine prestabilito in cui porre le domande ed affrontare gli argomenti, ma sono le ipotesi e i dati a determinare la sequenza
E.    Il primo colloquio
0.    Presupposti
       Il colloquio è reso possibile da uno specifico contesto motivazionale:
        - c’è una richiesta di aiuto psicologico
        - c’è un professionista con una propria competenza
        - c’è l’idea condivisa che il colloquio non è una terapia (non dà sollievo immediato)
        - ci sono delle aspettative sulla possibilità di ricevere/fornire aiuto

1.         Fase dei preliminari (accoglienza, presentazione, saluti, riferimenti ad antefatti –conversazione telefonica, inviante- ecc.)

2.         Fase dell’apertura vera e propria (“Di che problemi parliamo?”; “Di che si tratta?”; “Per quale motivo è qui?”) [domanda vaga] –i termini disturbo e malattia vano evitati- -come anche la richiesta del nome, età, telefono…aspetti che possono essere affrontato alla fine

3.    Specificazione del problema (fase del problema iniziale) [ciò che succede nel presente]
        Lo psicologo cerca di ottenere ampia e precisa descrizione del problema lamentato attualmente: l’attenzione è sul presente, su quanto avviene, su quanto la persona pensa e prova. [ad es. “Cosa vuol dire che si sente ansioso/depresso?” –dal punto di vista cognitivo, comportamentale, psicofisiologico-

4.         Analisi delle variabili funzionalmente correlate [fase delle ipotesi di mantenimento]–il colloquio prosegue con l’individuazione delle situazioni-stimolo che influenzano i disturbi (ad es. l’umore disforico del mattino che migliora nel corso della giornata e peggiora il sabato e la domenica, diviene intollerante a Natale).
        Poiché i comportamenti disfunzionali hanno conseguenze interne, familiari e sociali, è necessario individuare variabili che modulano l’intensità, la frequenza e il grado di interferenza del problema per fare ipotesi sulle variabili di mantenimento (analisi funzionale)

5.         Allargamento [fase dei problemi attuali]
        Il colloquio risale poi al primo insorgere del problema, ripercorrendolo nel tempo fino al momento attuale [storia del problema]
        -Le domande sono volte a specificare e individuare tutti i problemi, al di là di quello iniziale

6.     Storia dei problemi [fase delle ipotesi eziopatogenetiche]
        - Il focus è sulla ricostruzione del primo insorgere del problema, della prima crisi o del primo disturbo
        - si ripercorre l’evoluzione di ciascun problema cercando di cogliere le interazioni con gli altri problemi
        - l’obiettivo è formulare ipotesi per spiegare come e perché si sia ognuno sviluppato e perché si siano tutti mantenuti fino a questo momento

7.     Storia personale [fase del profilo complessivo]
         In questa fase si lasciano da parte gli elementi problematici e patologici relativi alla storia  clinica e si centrano elementi della stoia personale del paziente (storia della sua vita, i suoi progetti ecc.)
        In tal modo si cerca di identificare i fattori di vulnerabilità presenti nella storia del paziente.
        è fondamentale comprendere come il paziente rielabori la propria vita: la selettività della memoria, la gerarchia di importanze degli avvenimenti, le teorie causali con cui collega gli eventi, il modo in cui ha prese decisioni (organizzazione cognitiva)

8.     Aspettative di trattamento
        - Bisogna approfondire le aspettative del paziente riguardo al trattamento e ai suoi risultati
        - Il trattamento psicologico è infatti un progetto di cambiamento e implica disponibilità al cambiamento e una elasticità superiore a quanto il paziente possa affrontare
        - Spesso la disponibilità è limitata a procedure biologiche o a procedure di immediato riscontro

9.     Ipotesi di trattamento [Parte finale del colloquio]-
         - Consente di precisare gli obiettivi di trattamento realistici sia per il breve che per il lungo termine
        - Sono valutate le diverse opzioni terapeutiche ed eventuali tecniche (efficaci e durature, generalizzazione agli aspetti della vita del paziente, mantenimento nell’ambiente familiare e sociale in cui si trova o si troverà a stare)

 10.  Formulazione conclusiva e chiusura
        - lo psicologo dà informazioni sui risultati principali delle varie analisi che hanno integrato il colloquio (Test, questionari ecc)
        - prospetta la propria formulazione del caso mettendo in evidenza i principali meccanismi che possono aver dato origine ai problemi e le principali variabili che mantengono la situazione attuale [si dice che sono proprie ipotesi e dunque possono divergere da quelle di altri colleghi]
        - sollecita il paziente a fargli domande
        - illustra le ipotesi di trattamento, invitando il paziente a considerare vantaggi e svantaggi di ognuna
        - lo psicologo ha esaurito, a questo punto, il suo compito di psicodiagnosta ed eventualmente prende in carico il caso.


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