domenica 16 novembre 2014

La memoria di lavoro: un problema per gli alunni con disturbi specifici dell'apprendimento #DSA



Charles Hulme e Margaret Snowling (John Wiley & Sons, 2009) sostengono che la memoria è l’area cognitiva in cui i DSA riscontrano maggiori difficoltà.
Possiamo riferirci in particolare al disturbo della lettura sia sul versante della decodifica, sia sul versante della comprensione.
Non è raro che un bambino con dislessia, dopo aver letto in maniera faticosa una parola ed essere passato alla successiva, si sia già dimenticato quella precedente.
Naturalmente così viene ostacolata anche la capacità di comprensione del testo che, considerata di per sé, si rivela essere buona. Infatti, normalmente i DSA hanno buona Memoria Episodica, ma questa viene ad essere compromessa se è richiesta l’elaborazione di stimoli per loro difficoltosi. I maggiori  problemi  dei DSA si ritrovano, comunque, nella Memoria di lavoro, cioè nella capacità di mantenere contemporaneamente e manipolare informazioni  verbali o visuospaziali. La Memoria di Lavoro non è un sistema per la semplice memorizzazione degli stimoli, ma consente la regolazione dello svolgimento di attività complesse quali l'acquisizione linguistica (Baddeley e Al., 1998) e la comprensione del testo (De Beni, Palladino, Pazzaglia e Cornoldi, 1998).  
 
Fig.3 Il modello di Cornoldi e Vecchi (2003)Un modello di memoria di lavoro che approfondisce alcuni concetti elaborati nel modello di Baddeley, è stato presentato da Cornoldi e Vecchi (2003). Si tratta di un modello a forma di cono che presenta due dimensioni:
una verticale ed una orizzontale. Lungo il continuum verticale si possono raggruppare le abilità più automatizzate dove il coinvolgimento della memoria di lavoro è basso mentre i processi più centrali richiedono un controllo più elevato. Pertanto, aumentando il livello di controllo, parimenti aumenta anche la richiesta di risorse cognitive; quindi, più alto è il grado di controllo richiesto da un’attività, più lo svolgimento di questa è incompatibile con lo svolgimento simultaneo di un’altra attività centrale. Un’ulteriore aspetto spiegato dal continuum verticale è l’ancoraggio dei processi della memoria di lavoro alla natura specifica dell’informazione elaborata. Perciò, le attività più semplici (quelle di base) sono strettamente ancorate a un determinato tipo d’informazione (ad esempio, percezione e ricordo immediato di colori), mentre un’attività a livello intermedio mantiene un ancoraggio più debole, e, infine, un’attività molto centrale si stacca quasi completamente dalla natura dell’informazione elaborata. Il modello di Cornoldi e Vecchi presenta anche un piano orizzontale, che riguarda il contenuto di diverse tipologie d’informazione e la minore o maggiore distanza esistente tra queste. Il materiale linguistico e quello visuo-spaziale si collocano ai punti opposti di questo piano, mentre il materiale visivo e quello spaziale, pur occupando punti separati, possono avere un maggior grado di contiguità. Grazie a questa caratteristica è possibile giustificare in maniera più completa la distinzione tra materiale spaziale e materiale visivo, e la differenza tra questa distinzione e la distanza nel loro insieme dalle componenti verbali (Pazzaglia e Cornoldi, 1999).
La memoria di lavoro visuo-spaziale è utilizzata in numerose occasioni, quali l'orientamento, il movimento nello spazio, la comunicazione non verbale, la costruzione di immagini mentali, il disegno, l'acquisizione delle conoscenze semantiche sulle proprietà degli oggetti, l'elaborazione delle coordinate visive spaziali, la comunicazione non verbale, l'apprendimento geografico e la comprensione dei testi.
Nei bambini, le difficoltà di Memoria di Lavoro Visuo Spaziale, magari prima sottostimate, possono diventare importanti con l'ingresso a scuola: infatti, la maggior parte delle discipline scolastiche ne prevede l'uso.
Le difficoltà che possono essere riscontrate riguardano:
  • la matematica, soprattutto nel problem solving e in compiti geometrici (ricordare figure geometriche e manipolarle mentalmente);
  • le scienze, dovute all'incapacità di mantenere in memoria le relazioni causali e/o temporali che possono essere impiegate nella spiegazione di eventi fisici e scientifici;
  • il disegno spontaneo o su copia: disegnare prevede il recupero dalla memoria degli elementi da riprodurre e il mantenimento delle relazioni spaziali tra tali elementi;
  • la comprensione dei testi, soprattutto in quelli che descrivono delle configurazioni spaziali;
  • la geografia (per es. ricordare la posizione di un fiume in una piantina) ma soprattutto nell'orientamento nello spazio: nel ricordare un percorso e nell'orientamento in un ambiente consultando una mappa.
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Risulta evidente come una compromissione delle componenti della Memoria di Lavoro Visuo Spaziale produca numerose difficoltà nel bambino, non solo a scuola. Uno studio ha dimostrato che la ricodifica verbale dell’informazione visuo-spaziale inizia il proprio sviluppo intorno ai 7-8 anni e continua durante l’adolescenza fino ai 20 anni; lo sviluppo della memoria di lavoro visuo-spaziale nei bambini è significativamente correlato con l’utilizzo di strategie di codifica fonologica.
I problemi qui presentati sembrano persistere anche in dislessici adulti, nonostante la loro piena compensazione.
Il bambino dislessico, avendo sia difficoltà fonologiche che nel ragionamento sequenziale, elabora,  già a livello di memoria di lavoro, tracce mnestiche deboli e confuse che vengono facilmente dimenticate.
Il dimenticare quanto appreso provoca una enorme frustrazione sia in lui, sia negli insegnanti, sia nei suoi genitori. Questo stato va ad interferire con le sue effettive abilità , riducendone la motivazione allo studio e, alla lunga, intaccando l'immagine di sé. Il risultato consisterà in un netto peggioramento delle prestazioni scolastiche.

 


 
 


 

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