«Quando cerco di descrivere ad altri la mia esperienza, uso la metafora della teiera. Come una teiera, ero sul fuoco e l'acqua bolliva; lavoravo sodo per gestire i problemi e fare del mio meglio. Ma dopo vari anni l'acqua era tutta evaporata e tuttavia io ero ancora sul fornello; una teiera bruciata che rischiava di spaccarsi.» Carol B. Assistente Sociale (Maslach, 1992).
Il senso di efficacia personale (autoefficacia) è una risorsa importante nell’affrontare i problemi e i cambiamenti della vita. La capacità di esercitare un controllo sugli eventi che riguardano la propria vita e l’esperienza dell’efficacia della propria azione hanno un influsso significativo, secondo Albert Bandura, sul benessere psicologico, la realizzazione personale e la direzione che la propria vita può prendere.
Una
valorizzazione di se stessi e delle proprie potenzialità (“senso di autoefficacia”)
è l’elemento su cui concentrarsi per prevenire o gestire al meglio il fenomeno
del burnout, il quale è considerato
un disagio psicologico che emerge a seguito di eventi vissuti come frustranti,
sostenuti per un lungo periodo di tempo. Quindi poiché l’insorgenza
del burnout è connessa ad una scarsa autoefficacia, per prevenire o trattare
tale fenomeno bisogna fare leva sul rafforzamento dell’autoefficacia.
Occorre
distinguere il burnout dallo stress: il burnout può manifestarsi in
concomitanza dello stress e quest’ultimo può esserne una concausa, ma non
necessariamente quando c’è una situazione di stress c’è anche questo tipo di
disagio.
Lo
stress
è un meccanismo naturale di difesa del corpo e della mente, in alcuni casi,
però, uno stato prolungato di stress può minare di fatto l'equilibrio
psicofisico del soggetto interessato; senza lo stress non è possibile vivere in
quanto esso ci permette di affrontare in modo efficace e con prontezza una
determinata situazione.
In
linea generale possiamo dire che lo stress è una reazione sana del nostro
organismo e indica che stiamo affrontando una situazione di emergenza, ma se
prolungata può dare origine a problemi di varia natura anche sul piano fisico
oltre che psicologico.
Sia
di fronte ad un vero pericolo fisico che ad un pericolo immaginato e/o temuto,
mente e corpo reagiscono nello stesso modo, ovvero mettono in atto tutta una
serie di meccanismi fisiologici che garantiscono un'efficace risposta di
adattamento.
Dal
punto di vista psicologico si parla di stress nel momento in cui le richieste
ambientali e non, superano le nostre risorse percepite; a quel punto, lo stress
diventa uno stato di eccitazione e di tensione continua e sgradevole causata da
un compito o una richiesta a cui non sappiamo se siamo effettivamente in grado
di rispondere.
La
reazione dello stress è mediata dalla nostra soggettività, ovvero persone
esposte agli stessi eventi stressanti rispondono ad essi differentemente e non
tutti sviluppano poi sintomi da stress; valutiamo se una situazione è
stressante in due modi:
ü In
primo luogo valutiamo se la situazione che dobbiamo affrontare rappresenta per
noi una minaccia, oppure una sfida o se è irrilevante. Facciamo queste
valutazioni sulla base di una serie di fattori come: le idee che ci siamo
costruiti riguardo alla situazione che dobbiamo affrontare, gli atteggiamenti
che abbiamo verso il potenziale evento "stressante", le nostre
caratteristiche di personalità e aspettative rispetto alla situazione.
Se valutiamo un evento come un
pericolo o viceversa come una sfida stimolante, questo produce su di noi
effetti diversi. Se lo percepiamo come una sfida si produce una risposta allo
stress positiva, in termini tecnici questo stress benefico e positivo si chiama
eustress, è una sorta di energia vitalizzante che ci permette in questo caso di
affrontare positivamente la situazione.
ü In
secondo luogo dobbiamo affrontare la situazione e valutare se abbiamo delle
risorse ovvero i mezzi per affrontarla e in caso positivo, quali di questi
mezzi possiamo utilizzare per fare fronte alla situazione problematica; valutare
le risorse significa anche valutare le nostre risorse interne. Ci chiediamo
quindi: "sono in grado di affrontarla?" oppure "Posso farcela?
In
queste valutazioni entra in gioco il grado di “fiducia” che abbiamo nelle
nostre capacità per affrontare la situazione e sulla base di esse metteremo in
atto delle azioni per gestire la situazione; queste produrranno una serie di
risposte psicologiche (pensieri, emozioni, atteggiamenti di difesa) e risposte
comportamentali a seconda del risultato ottenuto.
Lo stress prolungato e intenso sul posto di lavoro
provoca quella condizione stressogena conosciuta come “Sindrome del Burnout (o più semplicemente burnout); essa è l'esito patologico di un processo stressogeno
che colpisce le persone che esercitano professioni d’aiuto, qualora queste non
rispondano in maniera adeguata ai carichi eccessivi di stress che il loro
lavoro li porta ad assumere.
Maslach e
Leiter (2000)[1] hanno
perfezionato le componenti della sindrome attraverso tre dimensioni:
Ø Deterioramento dell'impegno nei confronti del lavoro: spesso
quando un individuo inizia un’attività che lo potrebbe entusiasmare e che
valuta positivamente, la svolge con “energia, coinvolgimento ed efficienza”.
Nel caso in cui il soggetto sta vivendo una situazione di burnout, la sua
energia iniziale si “esaurisce”, il coinvolgimento diventa “cinismo”
e l’efficienza cede il posto all’“inefficienza” e di conseguenza
svanisce anche l’impegno nell’attività.
Ø Deterioramento delle emozioni originariamente
associati al lavoro: soprattutto nelle Helping
Professions, le persone investono molto nelle loro emozioni, queste potrebbero
essere la regola del giorno.
La Maslach ci dice che le emozioni sono il
fondamento della motivazione al lavoro, dell’efficacia delle prestazioni
professionali e sono importanti per instaurare buone relazioni con le persone.
Ma spesso alle emozioni non viene dato il
giusto peso anzi, è molto più probabile che esse vengano ignorate o
sottovalutate dall’organizzazione che le reputa “irrilevanti ai fini
lavorativi” e che potrebbero addirittura “interferire con il lavoro”.
Se il lavoratore si sente trattato
ingiustamente nell’organizzazione e se non riesce a superare questo problema,
le emozioni positive che manifestava inizialmente si potrebbero tramutare in “rabbia”
e “frustrazione” e il soggetto tenderà a comportarsi in modo aggressivo
nei confronti della propria attività e ancor peggio con le persone a cui
dovrebbe prestare servizio.
Ø Un problema di adattamento tra persona ed il lavoro, a
causa delle eccessive richieste di quest'ultimo: è
molto probabile che un lavoratore soggetto a burnout non sia riuscito ad
adattarsi a quel determinato contesto lavorativo e l’organizzazione potrebbe
attribuire la colpa alla stessa persona considerandola sfaticata e
incompetente, non considerando il suo punto di vista.
Ma il burnout più che problema individuale
è anche un problema organizzativo, è causato della discrepanza tra
caratteristiche individuali e caratteristiche dell’organizzazione. La mancanza
di adattamento tra persona e lavoro si riverserà sicuramente sull’efficacia
della prestazione lavorativa.
In tal senso il burnout diventa una sindrome da stress
non più esclusiva delle professioni d'aiuto ma probabile in qualsiasi
organizzazione di lavoro; a tal proposito Christina Maslach, insieme alla sua
collega Susan Jackson, sviluppa un questionario nel 1981 definito “Il
Maslach Burnout Inventory” (MBI), anche definito "modello Maslach".
[1]
Maslach C., Leiter P. (2000) Burnout e Organizzazione. Modificare i
fattori strutturali della demotivazione al lavoro. Feltrinelli.
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