sabato 27 maggio 2023

Autoefficacia...stress...burnout: alcune premesse. di Salvatore Sasso

 «Quando cerco di descrivere ad altri la mia esperienza, uso la metafora della teiera. Come una teiera, ero sul fuoco e l'acqua bolliva; lavoravo sodo per gestire i problemi e fare del mio meglio. Ma dopo vari anni l'acqua era tutta evaporata e tuttavia io ero ancora sul fornello; una teiera bruciata che rischiava di spaccarsi.» Carol B. Assistente Sociale (Maslach, 1992).

 

Il senso di efficacia personale (autoefficacia) è una risorsa importante nell’affrontare i problemi e i cambiamenti della vita. La capacità di esercitare un controllo sugli eventi che riguardano la propria vita e l’esperienza dell’efficacia della propria azione hanno un influsso significativo, secondo Albert Bandura, sul benessere psicologico, la realizzazione personale e la direzione che la propria vita può prendere.

Una valorizzazione di se stessi e delle proprie potenzialità (“senso di autoefficacia”) è l’elemento su cui concentrarsi per prevenire o gestire al meglio il fenomeno del burnout, il quale è  considerato un disagio psicologico che emerge a seguito di eventi vissuti come frustranti, sostenuti per un lungo periodo di tempo. Quindi poiché l’insorgenza del burnout è connessa ad una scarsa autoefficacia, per prevenire o trattare tale fenomeno bisogna fare leva sul rafforzamento dell’autoefficacia.

Occorre distinguere il burnout dallo stress: il burnout può manifestarsi in concomitanza dello stress e quest’ultimo può esserne una concausa, ma non necessariamente quando c’è una situazione di stress c’è anche questo tipo di disagio.

Lo stress è un meccanismo naturale di difesa del corpo e della mente, in alcuni casi, però, uno stato prolungato di stress può minare di fatto l'equilibrio psicofisico del soggetto interessato; senza lo stress non è possibile vivere in quanto esso ci permette di affrontare in modo efficace e con prontezza una determinata situazione.

In linea generale possiamo dire che lo stress è una reazione sana del nostro organismo e indica che stiamo affrontando una situazione di emergenza, ma se prolungata può dare origine a problemi di varia natura anche sul piano fisico oltre che psicologico.

Sia di fronte ad un vero pericolo fisico che ad un pericolo immaginato e/o temuto, mente e corpo reagiscono nello stesso modo, ovvero mettono in atto tutta una serie di meccanismi fisiologici che garantiscono un'efficace risposta di adattamento.

Dal punto di vista psicologico si parla di stress nel momento in cui le richieste ambientali e non, superano le nostre risorse percepite; a quel punto, lo stress diventa uno stato di eccitazione e di tensione continua e sgradevole causata da un compito o una richiesta a cui non sappiamo se siamo effettivamente in grado di rispondere.

La reazione dello stress è mediata dalla nostra soggettività, ovvero persone esposte agli stessi eventi stressanti rispondono ad essi differentemente e non tutti sviluppano poi sintomi da stress; valutiamo se una situazione è stressante in due modi:

ü  In primo luogo valutiamo se la situazione che dobbiamo affrontare rappresenta per noi una minaccia, oppure una sfida o se è irrilevante. Facciamo queste valutazioni sulla base di una serie di fattori come: le idee che ci siamo costruiti riguardo alla situazione che dobbiamo affrontare, gli atteggiamenti che abbiamo verso il potenziale evento "stressante", le nostre caratteristiche di personalità e aspettative rispetto alla situazione.

            Se valutiamo un evento come un pericolo o viceversa come una sfida stimolante, questo produce su di noi effetti diversi. Se lo percepiamo come una sfida si produce una risposta allo stress positiva, in termini tecnici questo stress benefico e positivo si chiama eustress, è una sorta di energia vitalizzante che ci permette in questo caso di affrontare positivamente la situazione.

ü  In secondo luogo dobbiamo affrontare la situazione e valutare se abbiamo delle risorse ovvero i mezzi per affrontarla e in caso positivo, quali di questi mezzi possiamo utilizzare per fare fronte alla situazione problematica; valutare le risorse significa anche valutare le nostre risorse interne. Ci chiediamo quindi: "sono in grado di affrontarla?" oppure "Posso farcela?

In queste valutazioni entra in gioco il grado di “fiducia” che abbiamo nelle nostre capacità per affrontare la situazione e sulla base di esse metteremo in atto delle azioni per gestire la situazione; queste produrranno una serie di risposte psicologiche (pensieri, emozioni, atteggiamenti di difesa) e risposte comportamentali a seconda del risultato ottenuto.

Lo stress prolungato e intenso sul posto di lavoro provoca quella condizione stressogena conosciuta comeSindrome del Burnout (o più semplicemente burnout); essa è l'esito patologico di un processo stressogeno che colpisce le persone che esercitano professioni d’aiuto, qualora queste non rispondano in maniera adeguata ai carichi eccessivi di stress che il loro lavoro li porta ad assumere.

Maslach e Leiter (2000)[1] hanno perfezionato le componenti della sindrome attraverso tre dimensioni:

Ø  Deterioramento dell'impegno nei confronti del lavoro: spesso quando un individuo inizia un’attività che lo potrebbe entusiasmare e che valuta positivamente, la svolge con “energia, coinvolgimento ed efficienza”. Nel caso in cui il soggetto sta vivendo una situazione di burnout, la sua energia iniziale si “esaurisce”, il coinvolgimento diventa “cinismo” e l’efficienza cede il posto all’“inefficienza” e di conseguenza svanisce anche l’impegno nell’attività.

Ø  Deterioramento delle emozioni originariamente associati al lavoro: soprattutto nelle Helping Professions, le persone investono molto nelle loro emozioni, queste potrebbero essere la regola del giorno.

La Maslach ci dice che le emozioni sono il fondamento della motivazione al lavoro, dell’efficacia delle prestazioni professionali e sono importanti per instaurare buone relazioni con le persone.

Ma spesso alle emozioni non viene dato il giusto peso anzi, è molto più probabile che esse vengano ignorate o sottovalutate dall’organizzazione che le reputa “irrilevanti ai fini lavorativi” e che potrebbero addirittura “interferire con il lavoro”.

Se il lavoratore si sente trattato ingiustamente nell’organizzazione e se non riesce a superare questo problema, le emozioni positive che manifestava inizialmente si potrebbero tramutare in “rabbia” e “frustrazione” e il soggetto tenderà a comportarsi in modo aggressivo nei confronti della propria attività e ancor peggio con le persone a cui dovrebbe prestare servizio.

Ø  Un problema di adattamento tra persona ed il lavoro, a causa delle eccessive richieste di quest'ultimo: è molto probabile che un lavoratore soggetto a burnout non sia riuscito ad adattarsi a quel determinato contesto lavorativo e l’organizzazione potrebbe attribuire la colpa alla stessa persona considerandola sfaticata e incompetente, non considerando il suo punto di vista.

Ma il burnout più che problema individuale è anche un problema organizzativo, è causato della discrepanza tra caratteristiche individuali e caratteristiche dell’organizzazione. La mancanza di adattamento tra persona e lavoro si riverserà sicuramente sull’efficacia della prestazione lavorativa.

 

In tal senso il burnout diventa una sindrome da stress non più esclusiva delle professioni d'aiuto ma probabile in qualsiasi organizzazione di lavoro; a tal proposito Christina Maslach, insieme alla sua collega Susan Jackson, sviluppa un questionario nel 1981 definito “Il Maslach Burnout Inventory” (MBI), anche definito "modello Maslach".

 




[1] Maslach C., Leiter P. (2000) Burnout e Organizzazione. Modificare i fattori strutturali della demotivazione al lavoro. Feltrinelli.

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