martedì 30 dicembre 2014

Disturbi di Apprendimento Specifici e Non Specifici

Le prospettive sui Disturbi di Apprendimento

In questa premessa generale sui Disturbi di Apprendimento in età scolare si ripercorrono le tappe di ricerca verso la legge 170/2010.

I disturbi di apprendimento in lettura, scrittura, ortografia, calcolo e abilità logico-deduttive rappresentano uno dei problemi più rilevanti che si incontrano nella pratica clinica, poiché interessano una buona percentuale della popolazione scolastica (Sartori, La Spisa, 1979).
Una variabilità dal 3 al 5% è costituita dai disturbi specifici di apprendimento, cioè disturbi cronici e persistenti oltre la 3a classe della scuola primaria che interessano in maniera selettiva o in associazione fra di loro lettura, ortografia, scrittura e calcolo. 
Le difficoltà di apprendimento in età evolutiva sono suddivisibili in Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA) e Disturbi Non Specifici di Apprendimento (DNSA).
Si parla di Disturbo Specifico di Apprendimento nel caso in cui il livello di una o più delle tre competenze, quali la lettura, la scrittura e il calcolo, nell’esecuzione di test standardizzati, risulta di almeno due deviazioni standard inferiore ai risultati medi prevedibili, oppure, nonostante una adeguata scolarizzazione, l’età di lettura e/o di scrittura e/o di calcolo sia inferiore di almeno due anni in rapporto all’età cronologica del soggetto, e/o all’età mentale.
I DSA sono legati a disfunzioni neuropsicologiche, isolate o combinate e sono denominati dislessia, disortografia e disgrafia, discalculia.
Nel DSM IV sono inquadrati nell'Asse I come Disturbi della Lettura, dell'Espressione Scritta e del Calcolo; nell'ICD-10 vengono inseriti all'interno dei disturbi dello Sviluppo Psicologico e sono denominati Disturbi Specifici delle Abilità Scolastiche: DS di Lettura, di Compitazione, delle Abilità Aritmetiche e DS misto (Chiarenza G. A., Cossu G., Loddo S., Penge R., Ruggerini C., Saccomani L.).
Si può quindi affermare che la difficoltà ad imparare a leggere e a scrivere è quasi sempre indicativa della presenza di una difficoltà specifica cioè di una difficoltà che riguarda alcuni processi o abilità e non tutti gli ambiti del funzionamento cognitivo.
Le manifestazioni del disturbo non devono essere secondarie a un ritardo mentale o a malattie neuropsichiatriche, infatti la diagnosi di disturbi dell’apprendimento non è appropriata, se le difficoltà sono attribuite a deficit sensoriale come un problema di vista o di udito.
In genere, per Disturbo Specifico di Apprendimento si intende la dislessia: difficoltà di lettura che possono essere classificate a seconda del tipo di compromissione espressa dai soggetti lungo il continuum di apprendimento tra le diverse fasi di sviluppo di lettura (Seymar, 1987).
I bambini con disturbo della lettura, o dislessia, hanno notevoli difficoltà a riconoscere le parole, a comprendere ciò che leggono e a scrivere correttamente. La lettura a voce alta è caratterizzata da omissioni, sostituzioni o distorsioni nella pronuncia delle parole.
Il disturbo dell’espressione scritta è caratterizzato dalla compromissione della capacità di comporre testi scritti.
Nel disturbo di calcolo è presente una difficoltà a riconoscere i simboli numerici e a seguire sequenze di passaggi matematici.

I Disturbi Non Specifici di Apprendimento sono caratterizzati, invece, da una compromissione nell’acquisizione di nuove conoscenze e competenze, estesa a più competenze scolastiche.
Possono causare Disturbi Non Specifici di Apprendimento: il Ritardo Mentale, il livello cognitivo borderline, l'ADHD, l'Autismo ad alto funzionamento, i Disturbi d'ansia, alcuni quadri Distimici.
Nel DSM IV e nell'ICD-10 è presente anche una categoria diagnostica denominata Disturbo di Apprendimento Non Altrimenti Specificato, per la quale è prevista l’esclusione di una eziologia che incide negativamente sull’apprendimento e che giustifica il quadro clinico (Chiarenza G. A., Cossu G., Loddo S., Penge R., Ruggerini C., Saccomani L.).


Il bambino con difficoltà di apprendimento


I disturbi di apprendimento e il disagio scolastico ad essi correlato, rappresentano problemi ad altissima frequenza di “segnalazione” durante la scuola primaria, nel momento cioè in cui il bambino è chiamato ad acquisire le basi di lettura, scrittura, calcolo e a orientare la sua energia psichica e mentale (sentimenti, emozioni, competenze intellettive) nella funzione “apprendimento”.
I disturbi di apprendimento appaiono di difficile analisi e interpretazione, in quanto implicano ipotesi appartenenti a diversi settori disciplinari, quali la neurologia, la neuropsicologia, la psicologia cognitiva, la psicologia dinamica, la psicopedagogia e pertanto costituiscono un esempio riguardo l’importanza di attenersi ad un’ottica unitaria per comprendere efficientemente la patogenesi dei malesseri o disturbi mentali.
Per i processi di apprendimento, come per qualsiasi altro processo, esiste una stretta interdipendenza tra patrimonio genetico, substrato organico, esperienza e apparato motivazionale piacere-soddisfazione, che influisce interferendo sullo sviluppo funzionale dei diversi sistemi.
Oggi si preferisce parlare di cause multifattoriali che implicano fattori maturativi, cognitivi, socioeconomici, emotivo-conflittuali, educativi.
Nei primi anni '70 la dislessia era intesa come manifestazione di una perturbazione nella relazione dell'Io con l'ambiente circostante, che invade selettivamente i campi dell'espressione e della comunicazione e che perciò si costituisce sul modello dell'ambiguità e dell'instabilità, bloccando il passaggio all'intelligenza analitica e con questo al simbolismo, necessario per l'acquisizione della letto-scrittura.
Alla base del disturbo dell'apprendimento c’è appunto il processo di acquisizione del linguaggio letto-scritto, che si "costruisce" lentamente, partendo dalle prime esperienze senso-motorie per giungere alle acquisizioni simboliche e comunicative più complesse.
Infatti un apprendimento insufficiente o tardivo di questi codici simbolici ostacola poi il bambino nel corso di tutto il curriculum scolastico, riducendo la possibilità di ricevere e rielaborare molti dei contenuti offerti dalla scuola.
Sono diversi gli studenti che nella loro carriera scolastica incontrano difficoltà nella lettura e purtroppo il loro disagio psicologico, con le loro reazioni e strategie di mascheramento, sono interpretate spesso come scarso impegno, pigrizia, svogliatezza. Il bambino con queste difficoltà viene spesso scambiato per un alunno poco motivato, discolo, poco attento e va incontro ad un susseguirsi di difficoltà, persino con le maestre che si lamentano della loro scarsa gestibilità.
Si osservano bambini in cui si alternano periodi di relativa stabilizzazione in cui gli apprendimenti scolastici risultano progressivamente integrati, a periodi di regressione in cui sembrano perdute le conoscenze acquisite in precedenza.
Alcuni bambini reagiscono alle loro angosce con l’isolamento: stanno in disparte mentre i compagni partecipano alle attività scolastiche, nulla sembra interessarli, sono distratti, silenziosi, non intervengono nelle discussioni per esprimere le loro opinioni; altri bambini invece reagiscono adottando comportamenti impulsivi: distruggono gli oggetti dei compagni, disturbano in continuazione per attirare l’attenzione su di sé, interferiscono nelle attività scolastiche proposte dagli insegnanti o esibiscono di proposito un linguaggio verbale provocatorio o di contrasto con l’educazione sociale.
È pertanto buona norma non ignorare eventuali campanelli d'allarme, quali la difficoltà ad applicarsi, a concentrarsi, fin dal primo giorno della scuola primaria.
La pigrizia fisica e mentale o l'incapacità di rimanere fermo al proprio posto potrebbero essere causati da una difficoltà di applicazione "alla base", dall'avere la mente distratta da altri "compiti" ritenuti prioritari piuttosto che eseguire quelli imposti dalle maestre.
Nella pratica clinica si riscontrano spesso bambini con uno sviluppo affettivo disturbato, in cui il sintomo predominante è l’angoscia che impedisce un adeguato investimento delle funzioni cognitive.
Le difficoltà di apprendimento nel corso del 1° ciclo della scuola primaria (1a-2a classe) sono spesso legate a fattori maturativi o a difficoltà di ordine spaziale, temporale, prassico o linguistico.
A volte tendono a riassorbirsi totalmente o in buona parte entro la fine del 1° ciclo, ma talora i disturbi persistono e si cronicizzano nel 2° della scuola primaria (3a-4a-5a classe).
Quando i bambini con difficoltà di apprendimento giungono all’osservazione clinica nel 1° ciclo, raramente presentano un quadro omogeneo, spesso anzi si presentano compromesse già più abilità o funzioni.
Si spiega così l’importanza di una valutazione globale che tenga conto degli aspetti affettivo-relazionali, cognitivi e neuropsicologici del soggetto.
I bambini con difficoltà di apprendimento hanno profili neuropsicologici e vivono momenti patogenetici differenti, per i quali è necessario un accurato ed approfondito studio del singolo caso, al fine di osservare in prospettiva di un intervento riabilitativo mirato, non soltanto le competenze ritardate o deficitarie, ma anche le strategie di compenso attivate e le effettive potenzialità del bambino.
Bisogna infatti considerare che questi aspetti e la rappresentazione del disturbo stesso, da parte del bambino, non assumono connotazioni statiche, ma si modificano nel tempo a seconda di diversi fattori maturativi.
Nella pratica clinica si possono distinguere varie forme di difficoltà di apprendimento, (nonostante si tratti di una semplificazione):
- difficoltà di apprendimento della lettura, scrittura e/o calcolo su base maturativa che tendono a risolversi spontaneamente, anche senza interventi specifici, entro la 1a classe o a metà della 2a classe della scuola primaria.
Questi bambini hanno per lo più ritmi e tempi di acquisizione inizialmente più lenti rispetto ai coetanei, oppure sono carenti delle competenze di base che possono essere acquisite durante la scuola materna, quando appunto questa non è stata frequentata.
- Difficoltà di lettura, scrittura o calcolo di tipo maturativi che tendono a risolversi entro il 1° ciclo della scuola primaria, ma richiedono interventi specifici. Questi bambini spesso presentano un inadeguato sviluppo delle funzioni interessate al momento del primo approccio con la lettura, un ritardo lieve nel padroneggiamento del linguaggio verbale, difficoltà relazionali, svantaggio culturale, disadattamento scolastico con difficoltà nell’appropriazione delle norme sociali imposte dalla scuola, difficoltà nella strutturazione dello schema corporeo, disturbi motori quali lentezza, impaccio nell’esecuzione dei movimenti fini, incoordinazione, scarsa concentrazione.
- Difficoltà specifiche in lettura, scrittura, ortografia, calcolo o logica, di tipo cronico e persistente che emergono dalla 1a classe e tendono a stabilizzarsi negli anni successivi, se non si interviene tempestivamente e appropriatamente.
- Difficoltà cognitive globali che condizionano l’apprendimento in tutti i settori in modo più o meno omogeneo. Essendo il linguaggio verbale, la lettura, la scrittura e il calcolo alcuni tra i più efficaci strumenti di comunicazione e di ragionamento, sono comprensibili, in un bambino con difficoltà di utilizzo di tali strumenti, la perdita di autostima, il disagio psicologico, le difficoltà relazionali e di adattamento sociale che si possono instaurare e divenire sempre più rilevanti fino a compromettere lo sviluppo armonioso della sua personalità, soprattutto durante l’età scolare (6-11 anni) che rappresenta una fase evolutiva di primaria importanza per il suo apprendimento scolastico e sviluppo cognitivo.
 


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