Nel parlare dei benefici della pratica della Mindfulness, seguirò un
percorso che cercherà di mettere a fuoco, da una parte, la Mindfulness
propriamente detta e dall’altra, tutto ciò che la accomuna alla ricerca in neuropsicosomatica.
Il primo beneficio è sicuramente quello che riguarda lo sviluppo della
qualità della vita di una persona.
Secondo Mariarosaria De Simone (2017), che in suo saggio ripercorre
l’utilizzo della Mindfulness in campo formativo, quando parliamo di Mindfulness
dobbiamo vedere tale lemma come suddiviso, nella lingua inglese, in mindful e
awareness. Il riferimento alla lingua Pali del Buddhismo Theravada è la parola
Sati, ossia l’attenzione consapevole.
Per raggiungere la felicità non dobbiamo affidarci se non a noi stessi.
Nella tradizione occidentale, il fondatore del protocollo più
utilizzato a livello clinico è quello di Jon Kabat-Zinn: MBSR
(Mindfulness-Based Stress Reduction), 1979. Nel libro “Dovunque tu vada, ci sei
già. Una guida alla meditazione” (Trad. It. Ed. TEA, 2006) Jon Kabat-Zinn
sostiene che il processo della Mindfulness inizi come la consapevolezza del
porre attenzione al momento presente, nel qui ed ora, mediante la sospensione
del giudizio. La sua idea riguarda soprattutto il prestare attenzione in modo
intenzionale, attimo dopo attimo. È anche vera l’impossibilità di eliminare
qualsiasi tipo pensiero. Semmai la competenza che si sviluppa riguarda il
divenire consapevoli che sono soltanto i nostri pensieri e non una
riverberazione di quanto avviene nel contesto fuori di noi. Quindi non si
tratta di una empty mind, una mente
vuota, ma una mente fluttuante che non deve lottare per bloccare i propri
pensieri, altrimenti tale lotta/fuga aumenterebbe il livello quantitativo di
stress. La tecnica meditativa è centrata sull’ascolto attivo e profondo di se
stessi: lasciandoci andare il nostro corpo modifica il respiro, risultando come
il segnale di un disagio. La pratica della Mindfulness ci permette di
affrontare quegli ostacoli che compromettono il rapporto con gli altri e soprattutto
con noi stessi.
Il monaco buddista vietnamita Thich Nhat Hanh nel rispondere nel 2014
alla domanda: Come faccio ad amarmi? Risponde: “Prima di tutto inspiri
consapevolmente, e diventi consapevole di avere un corpo, inspirando so di
avere un corpo. Il corpo è una parte di te molto importante: Trascorri due ore
al computer, sei stressato e non sai come fermarti… e ti dimentichi
completamente di avere un corpo durante queste due ore. Stai cercando qualcosa
nel futuro, nel lavoro mentre il tuo corpo soffre. Allora il primo atto d’amore
è ispirare e andare a casa nel tuo corpo. Inspirando so di avere un corpo. Ciao
corpo! Sono a casa! Mi prenderò cura di te! Così essere consapevoli del corpo è
l’inizio dell’amore. E quando la mente è la casa del corpo, mente e corpo si
trovano nel qui ed ora. E probabilmente noti due cose con la pratica della
respirazione consapevole: La prima cosa che noti è che il tuo corpo è una
meraviglia, devi riscoprire che il tuo corpo è una meraviglia. Biologi e altri
hanno cercato di capire il corpo, che è un capolavoro del cosmo. Il corpo è una
meraviglia! Il tuo corpo è il seme della coscienza, della coscienza del cosmo.
E tu non sai il valore del tuo corpo! Il corpo contiene tutte le informazioni
sulla storia del cosmo. In ogni cellula del tuo corpo puoi riconoscere la
presenza degli antenati, non solo gli antenati umani, ma anche gli antenati
minerali, vegetali e animali. E tutti i tuoi antenati sono vivi nel tuo corpo
con la loro debolezza e la loro forza. Forse hai dato per scontato di avere un
corpo, ma è una meraviglia! Il tuo cervello, la neocorteccia, è un tipo di
organizzazione molto sofisticata. Il cosmo si è riunito per produrre questa
meraviglia che è il tuo corpo e se tu sai come entrare in contatto con il tuo
corpo puoi entrare in contatto con l’intero cosmo, con i tuoi antenati e anche
con tutte le generazioni future che sono già dentro al tuo corpo per manifestarsi
in futuro. Sei capace di apprezzare quella meraviglia che è il tuo corpo? La
Madre Terra è in te non sotto di te o intorno a te, ma anche dentro di te. E
anche il Padre Sole è in te, tu sei fatto di luce del Sole: sei fatto di aria
fresca, di acqua fresca. Essere consapevole e dare valore a questa meraviglia
può già portarti molta felicità. Ispirando so di avere un corpo e puoi godere
nell’avere quel corpo. E puoi entrare in contatto con la storia della vita, in
contatto con i tuoi antenati. Il tuo corpo contiene tutte le informazioni
riguardanti il cosmo. E questo tipo di consapevolezza può portare guarigione,
può portare nutrimento”. Al maestro zen la domanda gli era arrivata dalla sua
pagina Facebook. L’intervista si trova al seguente indirizzo con la traduzione
è di Carla Ceolato: https://www.youtube.com/watch?v=9TEo6foMwRk
in Zen in the City.
Nel citare ancora Jon Kabat-Zin, mediante un piccolo brano tratto dal
libro “Dovunque vada ci sei già. In cammino verso la consapevolezza (Trad. it. Ed.
Corbaccio-Garzanti 2017, p. 15), possiamo comprendere come la consapevolezza
non escluda il contatto con la realtà: “La consapevolezza è un’antica pratica
buddista che riveste un profondo significato per la nostra vita attuale. Questo
significato non ha alcuna relazione con il buddismo in sé o la conversione al
buddismo, ma riguarda tutto ciò che si riferisce al prendere coscienza e vivere
in armonia con se stessi e il mondo intero. Comporta l’autoindagine, la messa
in discussione della nostra visione del mondo, della posizione che vi occupiamo
e l’apprezzamento della pienezza di ciascun momento della nostra esistenza.
Soprattutto riguarda il mantenimento del contatto con la realtà”.
Possiamo sintetizzare, attraverso una rappresentazione, i benefici
della pratica della Mindfulness che coinvolgono la qualità della vita di una
persona:
Gli effetti della pratica della Mindfulness hanno indirizzato molte
ricerche, anche a livello clinico, constatando come essa sia efficace ai fini
della riduzione di disturbi e di sintomi fisici e psichici con benefici delle
persone “sofferenti”. Gli ambiti di intervento riguardano le malattie gravi e
croniche, dalla sclerosi multipla (R. Wanden-Berghe, J. Sanz-Valero, C. Wanden-Berghe
, 2011), ai disturbi depressivi (A. Hughes-Morley, B. Young, W. Waheed, N.
Small, P. Bower, 2015).
Vedremo più avanti in che modo sia possibile intervenire nei contesti
educativi affinché si possa lavorare per migliorare:
1.
L’ascolto attivo;
2. L’empatia;
3. La
comunicazione nel gruppo dei pari;
4. La
comunicazione tra educatori e alunni;
5. La
concentrazione e l’attenzione;
6. Gestione
dello stress in classe;
7. Le
modalità di regolazione delle emozioni, riconoscendole ed elaborandole;
8. L’intelligenza
emotiva;
9.
Gli apprendimenti.
In linea generale, seguendo la ricognizione della ricerca operata da
Maria De Simone (2017), le tematiche che riguardano i contesti formativi sono
state affrontate in un tempo più ravvicinato rispetto a quanto ha riguardato la
ricerca clinica.
In America, pedagogia e Mindfulness hanno costituito quello che è stato
definito come un movimento dedicato alla pedagogia contemplativa, i cui
processi formativi sono sostenuti da una filosofia formativa finalizzata ad
apprendimenti di tipo esperienziale mediante “pratiche di meditazione,
consapevolezza e compassione per se stessi e gli altri”. Si tratta di una
filosofia che vede l’educazione come uno sviluppo integrato della persona nella
società (p. 101). Le ricerche hanno messo in luce come i benefici della pratica
della Mindfulness abbiano dei riflessi “nell’attenzione, nella creatività,
nell’apertura mentale, nella capacità di tollerare l’ambiguità, nell’ascolto,
nell’accettazione di pensieri ed emozioni negativi”, favorendo benessere
psicologico (102). L’obiettivo principale è la formazione di studenti che fanno
parte di una società inclusiva, insieme agli apprendimenti classici fatti di
conoscenze, abilità e competenze.
Si inizia dalla scuola del’infanzia fino all’università. Vedremo
successivamente, in maniera più approfondita
anche il Progetto Gaia, con relativo Protocollo di Mindfulness
Psicosomatica costruito, elaborato e testato presso il Villaggio Globale a
Bagni di Lucca (LU), sotto la guida di Federico Montecucco.
Ritornando al contesto americano, le prime ricerche in età prescolare
hanno evidenziato programmi volti alla promozione di comportamenti pro-sociali
e di autoregolazione (Flook, Goldberg, Pinger e Davidson, 2015). Nell’ambito
della scuola primaria, la proposizione di programmi di Mindfulness hanno messo
in luce un “aumento dell’attenzione e della consapevolezza delle emozioni” (p.
102). Interessante come, in un’esperienza svolta a Napoli, si sia notato un
abbassamento sia del deficit di attenzione si di comportamenti iperattivi
(Krech e Holley, 2005).
In una mia esperienza personale, attraverso il Protocollo di
Mindfulness Psicosomatica, ho notato come bambini con ADHD, durante la fase di
respirazione consapevole (Inspirazione e espirazione) si siano talmente
rilassati da addormentarsi. Una nota di colore: la stessa reazione di forte
rilassamento è accaduta anche agli insegnanti.
Ripercorrendo ancora l’excursus delle ricerche operato da M. De Simone
(2017), vediamo come venga del suo articolo citato l’utilizzo da parte di Lee
(2008) di un programma di Mindfulness di 12 settimane con bambini tra i 9 e i
12 anni.
Certamente le competenze metacognitive con la pratica tendono a
migliorare: è il caso delle funzioni esecutive (Blair e Peters, 2003) e della
elaborazione creativa delle informazioni (Jennings, 2008).
Altri interessanti suggerimenti posti nella ricerca bibliografica della
De Simone (2017) riguardano un modello concettuale elaborato da Waters et al.
(2014) per comprendere come la pedagogia contemplativa abbia, nel corso del
tempo, organizzato la sua ricerca. Si tratta di quello che è stato definito
come “School-Based Meditation Model”. I filoni della ricerca sono stati tre,
mettendo a fuoco soprattutto le evidenze neuroscientifiche su alcune aree del
cervello:
1.
La meditazione influenza e modifica la corteccia
prefrontale, un’area dedicata alla concentrazione, all’attenzione e alla
regolazione delle emozioni; inoltre permette lo sviluppo dei processi di metacognizione, minore arresto dei meccanismi
dediti all’attenzione, al miglioramento della memoria di lavoro e della
funzione esecutiva, ossia il saper rilevare informazioni, la loro analisi,
interpretazione e la presa delle decisioni. Quella che noi psicologi chiamiamo
la pianificazione delle azioni mentali ed emotive.
2. La
meditazione influenza il miglioramento del funzionamento cognitivo in modo che
gli studenti possano apprendere al meglio attraverso la regolazione
dell’attenzione e della flessibilità cognitiva. Tale processo produce benessere,
sviluppo di competenze sociali e una buona prestazione scolastica.
3. La formazione, attraverso la pedagogia
contemplativa, aumenta le competenze cognitive che includono la memoria di
lavoro e la regolazione delle emozioni. Una delle variabili più studiata è
stata l’attenzione. alcuni autori, citati da De Simone (2017), quali Baijal et
al. (2011), hanno osservato come i risultati di un programma di meditazione
seguito giornalmente da ragazzi fra i 13 e i 15 anni, rispetto ad un gruppo di
controllo, abbiano rilevato livelli più alti rispetto all’attenzione e alla
capacità di gestione dei conflitti. Le stesse ricerche sono state svolte anche
in campo universitario con effetti positivi “sul sonno, aumento di concentrazione,
chiarezza di pensiero e riduzione di idee negative” (p. 104).
Per concludere questa sezione sui contesti educativi, si può affermare
come tutti i programmi relativi alla Mindfulness e svolti nei contesti
educativi hanno avuto come focus lo sviluppo della competenza di riconoscimento
e di gestione delle emozioni.
Arriviamo ora ad affrontare una seconda parte dell’articolo,
utilizzando la mappa che segue (Sasso, 2020) come un ponte che unisce quanto
detto finora. Un elemento nuovo che introdurremo sarà relativo al Sistema Psico
Neuro Endocrino Immunologico (PNEI).
Il cambiamento di paradigma in molti campi delle scienze fisiche, umane
e sociali è avvenuto sia per le ricerche sviluppate dalle neuroscienze sia
dalla PNEI (Montecucco, 2018). Il primo che ha determinato tale termine è stato
Thomas Khun (1962), volendo significare che l’interpretazione parte da un
modello, ossia delle “soluzioni di problemi che la professione ha accettato
come paradigma”. Questo conduce gli studenti ad un’educazione dogmatica, perché
il processo è unidirezionale. La ricerca diviene pertanto molto riduzionista.
Ma, a livello sociopsicologico, la ricerca non può essere sviluppata da
individui isolati, anche se creativi, ma da gruppi che organizzativamente
condividono idee ed elaborazioni (Bottaccioli et Al. , 2020). Questo punto di
inizio ha provocato un cambiamento di paradigma nella comprensione della
coscienza, delle emozioni e di tutti quei meccanismi che sono alla base dei
disturbi psicosomatici (Montecucco, 2018).
La Psiconeuroendocrinoimmunologia si presenta come un nuovo paradigma,
non riduzionistico in quanto l’organismo umano è un’unità strutturata e
interconnessa, dove non esiste una contrapposizione tra mente e corpo, né tra
medicina e psicologia, eliminando qualsiasi tipo di riduzionismo che vedeva il
primato dell’uno o dell’altro (Bottaccioli et Al., 2020, p. 1).
Altri nuovi paradigma hanno segnato la storia della scienza.
L’Epigenetica transgenerazionale, il cui fulcro è comprendere come la coscienza
sia il maggior problema non risolto dalla biologia. Maturana nel 1970 afferma
che la conoscenza è un fenomeno biologico, in quanto la vita, la conoscenza e
la coscienza appartengono ai sistemi organici autopoietici. Infatti insieme a
Varela aveva osservato come ogni essere vivente, mentre elabora le informazioni
si può sia auto-organizzare sia auto-riparare, mantenendo la propria unità per
l’apprendimento e per la coscienza. Le informazioni acquisite comportano il
cambiamento dal genotipo al fenotipo. La transgenerazionalità significa che le
memorie di conoscenze, esperienze ed emozioni si tramandino alle generazioni
successive (Montecucco, 2018). Bottaccioli et Al. (2020) cita anche le ricerche
di Waddington come paradigma alternativo a Francis Crick. In sostanza l’epigenetica
mette in evidenza i cambiamenti adattivi di un organismo.
Altro cambio di paradigma è avvenuto nel campo delle neuroscienze. Nel
1963 il neurofisiologo Sir John Eccles è stato il primo ricercatore ad
occuparsi del Sé e della coscienza. Anche il Nobel della medicina Gerald
Edelman propone il concetto di Core Consciouness e di Dynamic network of
Consciouness, ossia la rete neurale della coscienza (Montecucco, 2018).
Veniamo ora ad altri due paradigmi che ci toccano da vicino: La
rivoluzione psicosomatica della PNEI e la rivoluzione della mindfulness.
Nel volume di Nitamo Federico Montecucco (Istituto di
Neuropsicosomatica di Bagni di Lucca, 2018) viene datata l’inizio della
rivoluzione psicosomatica della PNEI al 1964 quando George Salomon, che
insegnava sia alla Standford University che in quella della California a Los
Angeles, creò il termine di “Psychoimmunology”. George Solomon e Robert Ader
hanno dimostrato negli animali che la tensione può danneggiare le funzioni
immunitarie. Oggi immunologi, microbiologi ed endocrinologi stanno studiando
questa relazione. Il cervello e il sistema immunitario comunicano in due
modi principali: attraverso gli ormoni che il cervello regola e le fibre
nervose che comunicano con le cellule immunitarie. La tensione estrema può
alterare la funzione delle cellule immunitarie. Le alterazioni
immunologiche possono essere associate ad aree di stress (M. Kemeny, 1995). La
ricerca sullo stress ha rivelato relazioni tra cambiamenti neuroendocrini e
immunitari. Parallelamente, la crescente evidenza di alterazioni
immunologiche nelle malattie psichiatriche ha ampliato il
campo; attualmente si ricercano i correlati immunologici delle malattie
psicosomatiche e della personalità (M.Biondi, GD Kotzalisdis, 1990).
Nel 1975 sempre lo psicologo Robert Ader, insieme a Nicholas Cohen,
hanno determinato il termine la “Psiconeuroimmunologia”.
L’ultimo punto dei nuovi paradigmi riguarda la rivoluzione della
Mindfulness, come abbiamo visto già sopra, sviluppata negli Stati Uniti da Jon
Kabat-Zinn.
Non possiamo in questa sede descrivere in maniera particolare tutti i
processi che contraddistinguono la Mindfulness Psicomatica.
Quello che
ci può interessare in particolar modo è come gli studi internazionali di
neuroscienze, di psicologia e di ricerca sui comportamenti animali e umani, abbiano
osservato undici principali ormoni e neurotrasmettitori che hanno un evidente e
profondo effetto psicosomatico sulla salute dell’essere umano: la serotonina,
il cortisolo, l’adrenalina, la noradrenalina, il testosterone, gli estrogeni,
la vasopressina, l’ossitocina, la prolattina, la dopamina e l’endorfina. Se
guardiamo la nostra mappa, possiamo osservare che lo stress e la depressione li
esaltino tutti e che la loro diminuzione assoluta è data dalla pratica della
Minfulness. La meditazione, attraverso il respiro consapevole, non provoca il
rilassamento, ma come afferma Bottaccioli (2020) è una sorta di “allerta
rilassata”.
Avendo come
punto focale il nostro Sé, possiamo aggiungere più precisamente che:
• La
diminuzione degli ormoni dello stress è data dalla diminuzione del cortisolo e dell’adrenalina;
• L’aumento
degli ormoni del benessere viene fornito dall’aumento delle endorfine;
• L’aumento
degli ormoni dell’affettività è data dall’aumento dell’ossitocina;
• L’aumento
degli ormoni che riducono la depressione è la conseguenza della serotonina e
della dopamina;
• La
riduzione delle citochine previene le infiammazioni;
• Il
miglioramento della pressione sanguigna e dell'attività cardiaca è dato
dall’adrenalina;
• Il
miglioramento del sistema immunitario è conseguenza del basso livello di
cortisolo;
• La
diminuzione della tensione muscolare e nervosa è data dal basso livello di
adrenalina e noradrenalina.
La
metodologia, seguendo le indicazioni formative dell’Istituto di
Neuropsicosomatica del Villaggio Globale di Bagni di Lucca, deve considerare innanzitutto
l’integrazione tra la consapevolezza di
sé, la consapevolezza emotiva e la consapevolezza corporea attraverso l’utilizzo
del metodo birmano originario per la consapevolezza corporea che è il percorso
dell'aria dall'alto verso il basso naso/pancia, contrariamente al metodo MBSR
di Jon Kabat-Zinn dove la respirazione parte dal basso.
Nello schema sono inserite tutte le tecniche
che vengono utilizzate:
Per
esercitare la Mindfulness abbiamo due tipi di modalità (Ronald Siegel, Qui e
ora. Strategie quotidiane di Miondfulness, Erickson, 2012):
1. Pratica informale (Questa modalità non prevede
un momento strutturato ma, al contrario, può essere messa in pratica in
qualsiasi momento della giornata e in qualsiasi contesto. Ad esempio puoi
decidere di mangiare e assaporare i cibi concentrandoti sui sapori; guardare un
paesaggio concentrandoti sulle sensazioni non solo visive ma anche uditive;
anche mentre si guida la macchina);
2. Pratica formale (Consiste nel meditare in
maniera strutturata almeno una volta al giorno, e richiede, pertanto, un
allenamento quotidiano. Ciò che viene richiesto nella pratica formale
mindfulness è rimanere concentrati sul respiro per un periodo di tempo ben
definito (almeno 20 minuti).
Abbiamo due
tipi di meditazione:
1. Da seduti (È necessario assumere una postura
dignitosa su una sedia o un panchetto da meditazione o a terra, all’occorrenza
aiutati da un cuscino zafu. Il punto focale è l’attenzione, attorno alla quale
ruota la presenza mentale che converge, all’inizio, sul respiro e sul corpo,
fino alla consapevolezza aperta. La respirazione va osservata nella sua
dinamica essenziale, così come si presenta, senza cercare di modificarla. Al
contempo, il corpo va mantenuto nella posizione prescelta senza rigidità,
assecondando un atteggiamento eretto e fiero, accettando i fastidi che
insorgono e le limitazioni che ogni fisicità impone. Mentre si inspira e si
espira, si può cavalcare il flusso della respirazione, momento dopo momento; se
l’attenzione evade dal respiro, viene ricondotta a esso con gentilezza e
semplicità, per tutte le volte che è necessario. È facile da mettere in pratica
in qualsiasi momento e può essere utilizzata anche per pochi minuti: alla
scrivania dell’ufficio, in metropolitana, mentre si studia o si affronta un
esame, al ristorante, nel momento in cui si senta il bisogno di fare il punto,
di raccogliersi, di gestire fatica e stress /Ronald Siegel, 2012).
2. Mentre si cammina (Thich Nhat Hanh, nel suo
libro “Camminare in consapevolezza”, 2017, ci invita a trasformare quello che è
un banale e comunissimo gesto quotidiano come il camminare in un'opportunità
per entrare in contatto con noi stessi e vivere pienamente il momento presente.
Mentre si cammina in consapevolezza è possibile tornare a meravigliarci della
natura che ci circonda e allo stesso tempo imparare a esprimere gratitudine per
il fatto di essere vivi).
Come ci ricorda anche Maria Beatrice Toro
nel libro “Cammini di consapevolezza. L'arte della mindfulness on the road” di
co-edito da Morellini Editore, da Enzimi Srls e Yoga Journal (Milano,2019), la
differenza tra il camminare e il meditare camminando non esiste. Non dipende
dal tempo, dall'andatura, dalla fatica, o dalla lunghezza del percorso,
semplicemente dalla pratica di consapevolezza, ossia dall'intenzione con cui si
cammina, dall’attenzione che vi si promana e contemporaneamente anche dalla
disponibilità a sperimentare la camminata stessa. Mentre si cammina stiamo
sempre nel presente (Recensione di S. Sasso per il Sito Modulazioni Temporali).
Lo scopo degli
incontri (Foto di G. Filippi e S. Sasso) per la pratica della Mindfulness, come
abbiamo spesso ripetuto, è quello di sperimentare la consapevolezza di Sé e il
rispetto per gli altri, portando gradualmente i partecipanti: a vivere la
dimensione interiore di consapevolezza/mindfulness, a superare le difficoltà
nel primo approccio alla tecnica, ossia il saper tenere gli occhi chiusi,
l’accogliere le preoccupazioni del momento presente, l’imbarazzo, i pensieri
ridondanti, e l’imparare a sentire le sensazioni e ad ascoltare il proprio
corpo. I membri del gruppo apprezzeranno anche una serie di strategie
relazionali, come lo stare in cerchio, il lavorare in diadi, o nel piccolo
gruppo, che consentono la condivisione dell’esperienza.
Cosa è possibile fare a
livello operativo?
Di seguito propongo tre
esperienze, attraverso specifiche pubblicazioni:
1)
La prima è un Programma di educazione alla
consapevolezza globale di sé e degli altri, per la tutela dell’infanzia e
dell’adolescenza con particolare riferimento ai giovani disagiati e a rischio;
2)
La seconda orientata al mondo dei disturbi del
neurosviluppo;
3)
La terza dedicata ai genitori.
Al primo punto possiamo inserire un progetto, già citato, chiamato
Progetto Gaia, a cura dell’Associazione Villaggio Globale, Villa Demidoff - Bagni
di Lucca (LU). La finalità del progetto riguarda la promozione di un programma
il cui punto centrale riguarda lo sviluppo della consapevolezza globale di Sé e
del pianeta, costruendo basi etiche, scientifiche e umane. La consapevolezza
globale include “la consapevolezza corporea, emotiva, psicologica e le
conoscenze del mondo in cui viviamo”. Le strategie pedagogiche ruotano intorno
ai metodi partecipativi che consentono lo sviluppo della motivazione e della
responsabilizzazione da parte degli studenti.
Il Progetto Gaia, per realizzare i suoi obiettivi per il benessere
psicofisico di bambini e ragazzi, si basa su competenze socio-relazionali
sviluppate da docenti e psicologi che sono stati formati al “Protocollo
Mindfulness Psicosomatica”. L’apprendimento del Protocollo e il suo uso a
livello esperienziale consente di utilizzare quelle pratiche idonee relative
alla consapevolezza di Sé, di benessere psicofisico e di intelligenza emotiva.
Come nel caso delle pratiche sviluppate in America, citate più sopra,
gli incontri del Protocollo Mindfulness Psicosomatica sono dodici, lungo l’arco
di 3-4 mesi. Ogni incontro, di circa un’ora, è un’unità funzionale, collegato a
quattro moduli tematici. Ogni incontro ha una sua strutturazione ben precisa.
Le tecniche della Mindfulness usate sono di primo livello. Quello che
bisogna evitare è di non far fare visualizzazioni, perché la consapevolezza “è
uno stato naturale e spontaneo dell’essere e richiede solo la percezione della
realtà senza giudizi, accettando e osservando ciò che accade dentro di Sé”.
Al secondo
punto possiamo citare un volume: “La Mindfulness per l’ADHD e i disturbi del
neurosviluppo” a cura di Cristiano Crescentini e Deny Menghini, Erickson,
Trento, 2019. Vorrei focalizzarmi sul Disturbo da deficit di
attenzione/iperattività –ADHD, prendendo anche come riferimento un libro
pubblicato nel 2020, “Deficit di attenzione e iperattività” di Deny Menghini e
Stefano Vicari, Carocci editore Bussole. Gli autori nel corso del testo,
accompagnato da una esperienza clinica e pedagogica, mettono in evidenza come
le difficoltà legate al disturbo vengono man mano dipanate illustrandone
inizialmente le caratteristiche, curandone la storia, focalizzando quali sono i
sintomi e la loro estensione all’interno della popolazione infantile e
adolescenziale italiana e internazionale, per entrare più nel merito sia a
livello scolastico sia in famiglia e per arrivare al come e al quando sia
necessario intervenire con i genitori, con gli insegnanti o a livello
farmacologico. A livello processuale, viene evidenziato quali possano essere i
rischi di una mancata diagnosi: “Nel tempo il bambino e l’adolescente con ADHD
tendono a sviluppare bassa autostima, difficoltà relazionali e scolastiche e
disturbi comportamentali. L’applicarsi in modo inadeguato e mutevole nei compiti
che richiedono uno sforzo mentale sostenuto è spesso interpretato dagli altri
come pigrizia, irresponsabilità o mancanza di collaborazione. Questo condiziona
negativamente i rapporti con gli insegnanti e con I familiari e si possono
verificare contrasti forti e vere e proprie manifestazioni di aggressività.
Anche le relazioni con i coetanei sono frequentemente povere e caratterizzate,
per lo più, da rifiuti e fallimenti”. Ecco, questo è il ritratto delle
difficoltà scolastiche e relazionali che spesso conducono all’emarginazione da
parte dei coetanei. Il risultato che ne deriva comporta anche continui
rimproveri a scuola e a casa, difficoltà di inserimento in gruppi sociali e
sportivi. Insomma un vissuto di grande inadeguatezza che può contribuire all’instaurarsi
di modalità depressive (Recensione, a cura di S. Sasso per il sito Modulazioni
temporali).
In uno degli
articoli del libro di Crescentini e Menghini (2019), tre autrici O.
Santonastaso, V. Zaccaro e D. Menghini (p. 87) affrontano i benefici della
Mindfulness nell’ADHD. Considerando come l’attenzione abbia un ruolo
fondamentale nella pratica della Mindfulness, è necessario concentrarsi sulla
regolazione dell’attenzione sostenuta, sulla ri-direzione dell’attenzione,
sull’inibizione del processo elaborativo e sull’attenzione non direzionata.
Le ricerche
sull’applicazione dei protocolli Mindfulness hanno rilevato una maggiore
autoregolazione comportamentale e una riduzione dell’impulsività, il
miglioramento delle funzioni esecutive (attenzione, memoria di lavoro e
controllo inibitorio), il cambiamento nell’attività dei circuiti
fronto-striatali implicati negli aspetti comportamentali e neuropsicologici.
In un
training di otto settimane (24 adulti e 8 adolescenti), Zylowska et Al. (2008)
hanno osservato un miglioramento della sintomatologia ascrivibile all’ADHD. In
seguito a questa ed altre ricerche, le autrici dell’articolo hanno iniziato ad
applicare la Meditazione Orientata alla Mindfulness (MOM) – Crescentini e
Fabbro, 2016 - a bambini con ADHD (si veda Guida pratica al training MOM nel
disturbo da deficit di attenzione/iperattività di O. Santonastaso, V. Zaccaro e
D. Menghini (p. 97).
Per quanto
riguarda il terzo punto il titolo è davvero simpaticissimo: “Mindfulness per
genitori fuori di testa” di Sydne Rome, EFFATÀ EDITRICE, 2019. Il testo che è
stato recensito da S. Sasso per il sito Modulazioni Temporali. Il messaggio
insito in questo piccolo ma grande libro è rivelatore di come la consapevolezza
rappresenti “la gentilezza di un cuore aperto, l’amore per se stessi e per gli
altri”. La Mindfulness, come ci ricorda l’autrice, è una disciplina di
meditazione che invita a porre attenzione intenzionalmente al momento presente,
focalizzandosi su ciò che è davvero importante.
Gli esercizi
di consapevolezza che ci propone l’autrice possono aiutare i genitori che
“devono trovare un equilibrio nelle esigenze dell’essere genitori e avere le
risorse per prendersi cura di se stessi tanto quanto dei propri figli”. Infatti
è necessario che tutti i genitori possano bilanciare le richieste dei figli,
della famiglia e del proprio lavoro, sia a livello economico che emotivo,
individuando il “giusto tempo” da spendere per evitare stress, stanchezza,
autocritica e reazioni precipitose, reazioni che possono produrre rotture
nell’equilibrio bioenergetico della Persona.
Il libro
affronta una serie di micro argomenti per le meditazioni che vi sono inserite.
Infatti bisogna ricordare che la Mindfulness ha il suo centro nella respirazione
consapevole e gli effetti che ne derivano vanno a stimolare la corteccia
anteriore, facilitando così lo sviluppo dell’attenzione, in maniera circolare,
al respiro stesso. I benefici riguardano il miglioramento della frequenza
cardiaca (che rallenta) e della concentrazione, la chiarezza del pensiero, la
positività delle emozioni. A livello endocrino immunologico, la produzione di
dopamina e di serotonina viene potenziata dalla produzione di neurotrasmettitori.
Inoltre la respirazione consapevole ci aiuta a diventare meno impulsivi e più
riflessivi nei momenti di stress, diventando un auto-calmante.
Questo
piccolo ma grande libro dà l’opportunità ai genitori di usare la consapevolezza
del respiro e comprendere, innanzitutto, che la meditazione è un “motore
comprovato per l’attività positiva del cervello” e che, attraverso queste
semplici pratiche, di cinque o dieci minuti al giorno, si rimanga ancorati al
momento presente per essere più padroni di se stessi e più sicuri nei rapporti
di vita quotidiana con i propri figli.
Se non
stiamo bene noi genitori, se non sviluppiamo il nostro benessere, i nostri
figli ne soffrono.
Attraverso
la consapevolezza del respiro, possiamo entrare in contatto con quelle emozioni
che ci infastidiscono, alleviandole e godendo dei nostri sentimenti e pensieri
più felici.
In sintesi,
attraverso gli argomenti presentati, tra i quali lo stress, le aspettative, la
presenza, l’essere non giudicanti, l’attaccamento, il sostegno, i limiti, il sonno,
la perseveranza, i compiti di scuola, gli adolescenti, la compassione e
l’empatia, i valori, la gratitudine e l’umiltà, la spiritualità, e le
meditazioni che li accompagnano, anche guidate attraverso la voce di Sidne Rome
e scaricabili dalla rete usando i QR Code, i genitori possono:
1. Ridurre il loro comportamento emotivo negativo e
quello dei figli;
2. Migliorare a sentire la loro genitorialità;
3. Comprendere quando è meglio prendersi una pausa
prima di reagire;
4. Comprendere che non bisogna giudicare negativamente
i propri figli soltanto perché hanno delle difficoltà;
5. Imparare ad essere più affettuosi;
6. Imparare a gestire le relazioni fissando limiti
e confini per aiutare se stessi e i propri figli;
7. Imparare a vedere i propri figli come sono
realmente e non come pensano che dovrebbero essere;
8. Imparare a fare le scelte quotidiane necessarie;
9. Imparare ad amare ogni minuto trascorso con i
loro figli;
10. Imparare a stare con i propri figli in ogni
situazione.
In conclusione la pratica della Mindfulness si sviluppa attraverso
molti sistemi che vanno dal Sé, ai pari, agli amici, ai genitori, agli
insegnanti coprendo tematiche trasversali, dalla relazione al vissuto emotivo e
affettivo. Il primo obiettivo è essere consapevoli del proprio respiro e trovarsi
a casa, nel proprio corpo, come ci ricorda Thich Nhat Hanh.